Sedicimila aziende chiuse in cinque anni, il caro prezzi ha fermato l’autotrasporto

Sono 16mila le imprese di autotrasporto che hanno chiuso l’attività negli ultimi cinque anni, dal primo trimestre 2009 al terzo trimestre del 2013, con una perdita di 70mila addetti. La colpa, secondo la Cgia di Mestre, è del costo chilometrico – il più alto in Europa – e del rincaro dei carburanti. Attualmente in Italia sono attive poco meno di 93mila aziende, il 68,5 per cento delle quali artigiane. Il 90 per cento circa delle merci italiane viaggia su gomma con un costo chilometrico più alto d’Europa: se da noi è pari a 1,542 euro, in Austria è di 1,466 euro, in Germania 1,346 euro, in Francia 1,321 euro. Ma in Slovenia è di 1,232 euro, in Ungheria di 1,089 euro, in Polonia di 1,054 euro e in Romania è addirittura di 0,887 euro. 

Su questo incide anche il costo del gasolio più alto dell’intera Ue: tra il gennaio 2009 e lo scorso mese di novembre, il prezzo alla pompa del gasolio per autotrazione è aumentato del 55,7 per cento (l’inflazione, invece, è aumentata del 9,4 per cento). Oggi, un litro costa mediamente 1,692 euro. Anche i pedaggi autostradali, spiega la Cgia, hanno subito un incremento molto importante. Tra il 2010 e il novembre di quest’anno la crescita è stata del 17,2 per cento, contro un +7 per cento fatto registrare dall’inflazione. A livello territoriale la Regione che ha subito la contrazione più forte è stata il Friuli Venezia Giulia. Dal primo trimestre 2009 al terzo trimestre del 2013 il numero delle imprese è diminuito del 20,7 per cento (il dato nazionale è -14,7 per cento). Altrettanto preoccupante è la situazione venutasi a creare in Toscana (-19,1 per cento), in Sardegna (-17,9 per cento) e in Piemonte (-17,7 per cento). Le ragioni dello stato di agonia in cui versa l’autotrasporto sono molteplici. “Abbiamo i costi di esercizio più alti d’Europa”,  sottolinea il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, “per colpa di un deficit infrastrutturale spaventoso. Senza contare che il settore è costretto a sostenere delle spese vertiginose per la copertura assicurativa degli automezzi, per l’acquisto del gasolio e per i pedaggi autostradali. Il che si traduce in un dumping sempre più pericoloso, soprattutto per le aziende ubicate nelle aree di confine che sono sottoposte alla concorrenza proveniente dai vettori dell’Est Europa. Questi ultimi hanno imposto una guerra dei prezzi che sta strangolando molti piccoli padroncini. Pur di lavorare”, conclude Bortolussi, “si viaggia anche a 1,10-1,20 euro al chilometro, mentre i trasportatori dell’Est, spesso in violazione delle norme sui tempi di guida e del rispetto delle disposizioni in materia di cabotaggio stradale, possono permettersi tariffe attorno agli 80-90 centesimi al chilometro”.