Il sistema pensionistico italiano sarà travolto dai Tir. Guidati da stranieri

La possibilità che sempre più imprese italiane facciano ricorso al distacco transnazionale, assumendo cioè lavoratori provenienti da Paesi della Comunità europea con il principale obiettivo di tagliare drasticamente i costi previdenziali, rischia di trasformarsi in un’autentica bomba a orologeria. Capace di distruggere  il nostro sistema pensionistico visto che, come tutti dovrebbero sapere (compresi i  sindacati che invece sembrano non vedere e il Governo che preferisce  tacere), le pensioni si reggono proprio sull’equilibrio con i versamenti della forza lavoro attiva. Una situazione che rischia di compromettere la tenuta dei conti pubblici, ma della quale nessuno sembra aver compreso la gravità. Forse qualcuno pensa che la corsa all’assunzione di lavoratori distaccati possa fermarsi? Difficilissimo ipotizzarlo considerato che il vantaggio per le imprese (derivante dalla possibilità, prevista dal regolamento europeo, di applicare il  regime previdenziale del Paese dove risiede il lavoratore,  e  dal fatto che i sistemi previdenziali applicati in quei Paesi sono notevolmente inferiori di quelli italiani) è altissimo. Da mesi le imprese italiane di autotrasporto vengono contattate da agenzie, autorizzate legalmente, che in modo esplicito offrono autisti prospettando risparmi intorno al 30 per cento. Oggi il Paese leader nel collocare propri cittadini all’estero è la Romania, ma non è da escludere che altri seguiranno presto la medesima strada. Col risultato di aumentare l’offerta di lavoro e di far diminuire i livelli occupazionali. La normativa europea stabilisce l’obbligo per le imprese che decidono di usufruire delle prestazioni di questi lavoratori di riconoscere “la paga in mano” identica a quella corrisposta  per i lavoratori nazionali. E molte imprese italiane tra la chiusura e l’opportunità di riacquisire competitività, scelgono senza pensarci troppo di proseguire l’attività con autisti “d’importazione”. In una simile situazione sarebbe interesse dei nostri sindacati affrontare i rinnovi dei  contratti con una visione globale cercando di individuare condizioni contrattuali tali da fronteggiare il fenomeno del lavoro a distacco. Purtroppo così non è. Una visione miope del problema oggi ha prodotto solo richieste che mirano a incrementi di salari o a ulteriori obblighi normativi per le imprese. Impedendo di vedere un altro problema che una presa di coscienza seria imporrebbe invece di porsi: quello della formazione professionale, requisito fondamentale per garantire sicurezza dai cittadini.

Paolo Uggè