Caccia agli evasori in barca, il Governo ha fatto colare a picco 600 milioni di euro

Trentamila imbarcazioni da diporto “sparite” dai marina italiani e dirottate verso porti turistici di altri Paesi, oppure addirittura mai messe in acqua, tenute all’asciutto di un capannone per evitare le spese di gestione; 200 milioni di euro scomparsi dai bilanci dei servizi offerti in banchina ai navigatori; altri 400 milioni di euro svaniti nel nulla per quanto riguarda la  spesa sul territorio, ovvero l’indotto rappresentato dallo shopping che gli armatori fanno una volta raggiunta in barca la costa, pranzando e cenando nei ristoranti, visitando le città e i suoi negozi, i suoi musei, i monumenti e i siti archeologici. Senza dimenticare  i 20mila posti di lavoro spazzati via… Neppure uno tsunami di proporzioni bibliche  probabilmente avrebbe potuto causare il disastro che sono riuscite a provocare le ultime manovre varate dal Governo in materia di nautica da diporto,  prima con le nuove tasse sullo stazionamento previste  dal decreto Salvaitalia e poi con la “caccia senza quartiere” ai presunti armatori – evasori, con i controlli a tappeto sui proprietari delle imbarcazioni. Manovre che hanno letteralmente svuotato i porti turistici del Belpaese per la cui economia, già in profondo rosso, il turismo avrebbe nautico avrebbe potuto invece rappresentare una vitale boccata d’ossigeno. “Il turismo nautico, per l’Italia rappresenta una voce  importantissima nel bilancio. Una voce che invece è stata incredibilmente cancellata varando decisioni di cui il nostro Paese pagherà pesantissime conseguenze ancora per molto tempo  visto che ai Paesi concorrenti, Croazia Francia, Spagna ma anche Malta, non è parso vero di veder approdare migliaia di armatori in fuga dall’Italia. Proprietari di barche ai quali far sottoscrivere contratti vantaggiosissimi ma soprattutto a lungo termine, così da  fidelizzarli, da tenerli “ancorati” per i prossimi due, tre, quattro anni”, afferma Roberto Perocchio (nella foto) , presidente di Assomarinas, associazione italiana porti turistici aderente a Ucina Confindustria nautica e a Federturismo. “Stiamo parlando di 30 mila diportisti italiani che sono stati trattati come se fossero tutti degli evasori fiscali, quando in realtà non lo sono affatto, quando in realtà rappresentano solo degli ottimi clienti che portano denaro, aiutano a creare  posti di lavoro lungo le nostre coste….” Per leggere l’intera intervista cliccare qui