Carenze infrastrutturali, botta e risposta tra Draghi e Matteoli

“L’analisi di Draghi, in parte condivisibile, non tiene nel dovuto conto del ventennale immobilismo politico e amministrativo che ha caratterizzato il settore delle infrastrutture almeno fino al 2001”. Con queste parole il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, ha risposto alle affermazioni del governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, che aveva puntato il dito contro le carenze infrastrutturali nel nostro Paese. “In più occasioni”, ha aggiunto Matteoli, “ho avuto modo di ribadire un dato mai smentito: dal 1985 al 2000 le risorse destinate per le grandi opere sono state pari a sette miliardi di euro. Dal 2001 a oggi, siamo riusciti ad aprire cantieri per 63 miliardi di euro”. “In questo primo triennio di legislatura abbiamo lavorato con efficacia sulle procedure, come dimostra per ultimo la recente approvazione del regolamento degli appalti. L’ulteriore snellimento delle procedure, che Draghi giustamente richiama, fa parte del provvedimento che il governo intende licenziare nei prossimi giorni”. Ma cosa aveva detto Draghi? Ecco un estratto del suo intervento, con il confronto tra l’Italia e gli altri Paesi europei e tra il Mezzogiorno d’Italia e il resto dello Stivale. “Da vari anni l’Italia cresce a un ritmo insoddisfacente, che si riflette in redditi stagnanti, problemi occupazionali, maggiori difficoltà a gestire la finanza pubblica. La ripresa dopo la crisi appare lenta. Nel quadro macroeconomico del Documento di Economia e Finanza del 2011, il tasso di crescita del Pil è previsto salire gradualmente dall’1,1 per cento atteso per quest’anno all’1,6 nel 2014. Per quanto riguarda la relazione tra infrastrutture e crescita i nostri risultati confermano il potenziale di sviluppo fornito da una buona dotazione infrastrutturale. Alcuni indicatori di dotazione fisica di infrastrutture suggeriscono il permanere di un ampio divario tra noi e gli altri principali Paesi dell’area dell’euro e tra il Mezzogiorno e il resto del Paese. Tuttavia, le misure di dotazione fisica non sono sufficienti a stabilire la necessità di un investimento. Le indicazioni da esse fornite variano in funzione della variabile di scala adottata: la popolazione, la superficie, l’attività economica. Va assicurata una dotazione adeguata di infrastrutture in tutte le aree del Paese, in particolare va prestata attenzione alle carenze nel Mezzogiorno, ma è importante confrontare le dotazioni fisiche con la domanda, mediante il grado di utilizzo delle strutture, o le informazioni sulla congestione. Ad esempio, per le reti di trasporto, quando l’analisi viene arricchita con misure di accessibilità, il quadro diviene più sfumato. Sono certamente necessari interventi specifici volti ad eliminare strozzature e a ridurre la congestione. Le principali aree di criticità sembrano tuttavia riguardare l’inadeguata interconnessione tra le infrastrutture e i diffusi problemi di regolamentazione dei servizi forniti per il loro tramite, piuttosto che la dotazione fisica di infrastrutture”. Ma l’Italia investe troppo poco sulle infrastrutture? No, secondo Draghi, più probabilmente investe male. “Il ritardo infrastrutturale del Paese”, aveva detto il governatore della Banca d’Italia, “non sembra riconducibile solo a una carenza di spesa. Il confronto tra i volumi di spesa e le dotazioni fisiche di infrastrutture offre una prima, ancorché approssimata, indicazione dell’esistenza di ampi margini di miglioramento nell’utilizzo delle risorse finanziarie: le aree dove si è speso di più non sono sempre quelle con la dotazione migliore di opere. L’esame delle procedure che regolano la programmazione e l’esecuzione degli interventi conferma la rilevanza degli ostacoli non finanziari all’accumulazione di capitale pubblico: l’incertezza del quadro di bilancio, le carenze nei processi di valutazione e selezione delle opere, la sovrapposizione delle competenze dei diversi livelli di governo, i limiti della normativa che regola l’affidamento dei lavori e il monitoraggio del loro avanzamento. Da questi ostacoli sono derivati tempi e costi di realizzazione delle opere elevati nel confronto internazionale e significativi scostamenti dai preventivi, una ridotta capacità di realizzazione per date risorse finanziarie, un insufficiente sfruttamento delle risorse tecniche e finanziarie del settore privato. La qualità della programmazione sembra costituire l’aspetto di maggiore criticità nel nostro paese. Manca un sistema di bilancio con obiettivi pluriennali per le grandi categorie di spesa e rimangono da definire pienamente gli strumenti di coordinamento tra i diversi livelli di governo”.