I media l’hanno ribattezzata la “Cricca della logistica”. Si tratta dell’inchiesta sulle cooperative illegali che un anno fa ha portato all’arresto di tre persone, sospettate di aver ideato e realizzato un meccanismo per falsificare i documenti contabili di decine di cooperative legate al mondo della logistica, con un migliaio di addetti, a cui non venivano versati contributi. Un meccanismo per vincere le gare d’appalto della logistica e affidare poi i lavori pagando in nero e con documenti contabili falsificati in modo quasi perfetto, che avrebbe portato nelle tasche dei truffatori circa 30 milioni di euro tra oneri previdenziali e fiscali e contributivi non versati. Della Cricca della logistica è tornato a parlare il segretario generale della Cgil Veneto in un convegno tenutosi a Mestre e organizzato dalla Fai Veneto, sottolineando come “la Filt Cgil e la Cgil di Padova abbiano richiesto al giudice la costituzione di parte civile per ottenere giustizia, difendere le buone ragioni della sana competizione del sistema economico, assistere i lavoratori che hanno subito reali e gravi danni, sostenere l’azione della magistratura, ribadire che è urgente aumentare i controlli, la qualità degli stessi e le relative sanzioni, rivendicare la modifica della attuale legislazione penale relativa al falso in bilancio e false scritture sociali, tutelare i fondamenti dell’economia da società fraudolente e da imprenditori privi di scrupoli”. In un documento illustrato alla platea, il segretario generale della Cgil, dopo aver sottolineato come “i capi di imputazione elevati al sodalizio spaziano dall’omesso versamento dei contributi previdenziali; omessa presentazioni dichiarazioni Iva; redditi, Ires; occultamento di contabilità, truffa, falso”, ha anche riassunto la vicenda. Ecco la ricostruzione nel documento illustrato dal segretario della Cgil. “I fatti sono presto spiegati: si tratta di acquisire nelle varie piattaforme italiane contratti di appalto di logistica (lavori di facchinaggio e movimentazione merci) da far eseguire in sub appalto a cooperative, opportunamente create in grado di battere qualunque altra cooperativa del settore perché basate sulla sistematica violazione degli obblighi di legge e contrattuali, e organizzando la cessazione delle stesse cooperative, una volta maturato un tempo utile (due anni) per l’illecito arricchimento e l’accumulo di debiti verso lo Stato e i lavoratori. I lavoratori venivano “passati” da una cooperativa a un’altra e il meccanismo si riproduceva automaticamente. Ai lavoratori si applicava il contratto con somme inferiori a quelle dovute, pagamento di prestazioni in nero, omettendo i contributi previdenziali. Allo Stato sono stati evasi decine di milioni di euro per omessi versamenti previdenziali e fiscali in solo pochi anni di attività del sodalizio. L’epicentro di questa attività illegale e illecita, stroncata dagli arresti su ordine del G.i.p. sono stati i locali delle imprese fruitici degli spazi dell’Interporto di Padova. A distanza di qualche mese, considerato che gli elementi sono più chiari, compresi i comportamenti soggettivi e oggettivi, ci rivolgiamo alla società padovana per chiedere una pacata riflessione critica sulle cause che hanno reso possibile una siffatta situazione per sette anni. Indagare su quanto è avvenuto non ha lo scopo di additare responsabili alla pubblica opinione, o di svolgere il processo fuori dalle aule del Tribunale, ma innanzitutto di interrogarsi perché è capitato e cosa serve fare perché non ricapiti di nuovo una condizione di alterazione delle regole così sistematica, estesa, pervicace. Siamo per ribadire che bisogna tenere alta la guardia e l’attenzione per fare un argine deterrente sicuro contro i reati e la propensione umana all’illecito guadagno. La rete dei controlli si presta a molteplici considerazioni. Serve potenziare l’attività ispettiva, pretendere una maggiore efficacia ed efficienza nel sistema, garantire una assoluta tempestività rompendo schemi e modi di operare burocratici e lenti. Serve recuperare gli importi dovuti ai lavoratori e allo Stato dagli obbligati in solido, senza fermarsi di fronte alle difficoltà e alla “capacità” dei committenti. Un sistema dei controlli inadeguato è la prima causa del proliferare di condotte illegali. Le alterazioni in vari modi delle buste paga sono radicate e diffuse in questo settore. Troppi soggetti guardano con malcelato interesse alla possibilità di lucro facile. La conclusione giudiziaria con pene congrue e certe di questa vicenda segnerà un necessario spartiacque che renda evidente che le leggi dello Stato ci sono e funzionano. La committenza, salvo lodevoli e pochi casi, ha dimostrato un forte interesse ai costi. Possibile che non si accorgesse delle palesi e sistematiche alterazioni e falsificazioni dei documenti, delle buste paga, degli F24, dei Durc? Possibile che non si interrogasse che se la tariffa oraria è anomala perché troppo bassa è basata su violazioni di leggi e contratti? Gli altri attori del sistema (politici, imprenditori, rappresentanti delle associazioni e categorie economiche) che sono stati a contatto o in affari con l’amministratore di fatto delle cooperative false e spurie sono chiamati a interrogarsi, con noi, sulla grave alterazione del sistema economico e sociale. È capitato per negligenza, distrazione, stupidità, complicità? Cosa è necessario fare subito per estirpare queste situazioni? Questa grave alterazione del sistema economico è successa. Questa vergogna è successa a Padova. Questa è purtroppo la dimostrazione che non esistono città immuni o virtuose e che italiani disonesti e truffaldini nascono e crescono a tutte le latitudini. Ai politici chiediamo di fare leggi, e dare risorse e strumenti agli apparati dello Stato, perché simili fatti non capitino di nuovo”.