“Mi chiamo Adriano Marracino, ho 49 anni è sono disoccupato da gennaio 2009, svolgo (o meglio, svolgevo…) la professione di autista di mezzi pesanti e mai prima avevo avuto problemi di lavoro”. Comincia così la lettera che un autotrasportatore di San Severo, in provincia di Foggia, ha inviato alla redazione di Stradafacendo e, per conoscenza, al direttore del Tg Com Paolo Liguori. Una lettera che mostra, tra le righe, una richiesta d’aiuto (l’uomo, sposato e padre di due figli, ha bisogno di lavorare e ha scelto Stradafacendo proprio perché, essendo uno degli spazi informativi più utilizzati dal mondo dell’autotrasporto, si augura che il suo Sos possa essere raccolto da qualche imprenditore alla ricerca di personale), ma soprattutto, una lettera che fotografa la situazione di un mondo, quello dell’autotrasporto, oscurato da moltissime ombre e illuminato da pochissime luci. Una lettera lucida, coraggiosa, che pubblichiamo per intero. Con l’augurio che questo Sos non rimanga inascoltato. “Da due anni, dopo aver percorso le strade di tutta Italia e di mezza Europa, non riesco più a trovare lavoro in un mondo che sicuramente è sempre più in crisi economica, ma altrettanto certamente è sempre più in crisi di “sicurezza”: un mondo sempre meno regolarizzato, sempre più pericoloso per la sicurezza degli autotrasportatori, ma anche degli automobilisti. Basti pensare a un autista che viaggia e che trasporta prodotti chimici autocombustibili, o altro genere di merce pericolosa, costretto ad arrivare alla meta guidando per 18 o 20 ore nello stesso giorno, avendo solo una manciata di ore per riposare: quale può essere il suo grado di valutazione del rischio? Sicuramente molto basso, moltiplicando così la possibilità di causare gravi infortuni e disastrosi incidenti. La dura e inconfutabile realtà è che in Italia i controlli sulle aziende sono praticamente inesistenti e gli sporadici interventi su strada vengono svolti in modo sommario e molto superficiale, sia per l’impreparazione degli agenti, sia per la presenza di qualche “mela marcia” corrotta da qualche autotrasportatore che preferisce pagare in contanti una “mazzetta” piuttosto che affrontare lunghi controlli, verbali, sanzioni ben più care… Chi lavora nel mondo dell’autotrasporto e non è abituato a chiudere gli occhi o a raccontare bugie conosce bene la realtà e sa che, di fatto, un’altissima percentuale delle aziende di autotrasporto italiane obbliga i loro dipendenti a contraffare i fogli di registro del cronotachigrafo. Anzi, spesso forniscono addirittura false dichiarazioni attestanti giorni di riposo, ferie o malattia. Mi spiego meglio: una volta finite le 9 (nove) ore di guida, l’autista sostituisce il foglio di registrazione del cronotachigrafo con uno nuovo e continua così il suo lavoro arrivando anche a 18-20 ore di guida. Nel caso venga fermato per un controllo, lo stesso autista presenta solo il foglio di registro di quel momento, approfittando del fatto che nessuno chiede mai i precedenti fogli di registro dove si controllerebbe invece l’effettivo ammontare delle ore di riposo, di lavoro e di guida. Inoltre nessun controllore accerta mai la vericidità delle dichiarazioni di riposi, ferie e malattia e mai quindi viene fatto un approfondito controllo sull’azienda. E questo nonostante le innumerevoli denunce sporte a riguardo. Denunce presentate spesso da parte delle associazioni di autisti, ma che nessuno ha mai raccolto. Quanto sopra conferma e rimarca l’enorme ritardo culturale e legislativo del nostro Paese nell’attivazione del tachigrafo digitale, nel rimandare e recepire le direttive Cee di riferimento e quelle in materia sociale. Ribadisco che incide negativamente sull’efficacia dei controlli l’impreparazione degli agenti della Polstrada in materia di normative europee e nazionali, ma anche gli orientamenti della magistratura italiana che, a differenza di quanto avviene in altri Paesi Europei, appare spesso troppo benevola nei confronti dei ricorsi dei conducenti, inficiando così l’azione di controllo delle polizie, a tutto scapito della deterrenza di comportamenti a rischio. Questa lettera ha come speranza quella di aprire una breccia nel muro di omertà che è ormai costume, e soprattutto “sistema”, nel nostro Paese. Che fine hanno fatto gli innumerevoli esposti e le denunce presentate sulla sicurezza stradale, sulla stanchezza fisica dei conducenti e sul lavoro nero nel trasporto su gomma stimato (e non certo per eccesso) al 33 per cento? Nessuno si accorge di cosa avviene col personale delle imprese di autotrasporto? Nessuno sa di autisti non assunti? Di collaboratori in regola solo una settimana al mese ma che lavorano in modo continuativo per tutto l’anno? Di pensionati, con logore capacità psicofisiche, messi al volante per risparmiare? Di autisti che durante la settimana lavorano in altre aziende e nei giorni festivi o nel periodo di ferie richiesto all’azienda dove lavorano di solito, vengono utilizzati come autisti per coprire l’effettiva mancanza di personale regolare, ovviamente pagati in nero? Qualcuno vuole finalmente smettere di far finta di non vedere e vuole finalmente intervenire per garantire la sicurezza stradale, il rispetto delle più elementari regole di mercato, evitando così una sleale quanto dannosa e illegittima concorrenza e bandire così quelle forme di sfruttamento e di evasione fiscale? Lo so, è la stessa domanda che molti di noi hanno posto più volte al Governo italiano, anche alla Guardia di Finanza, all’Inail, all’Inps, all’Ispettorato del lavoro, e rimaste, naturalmente senza nessuna risposta. Ora ci riprovo, chiedendo aiuto a uno strumento d’informazione di settore come Stradafacendo Tg Com, con l’augurio che così il messaggio possa arrivare chiaro e forte allo Stato Italiano, fino a oggi evidentemente “complice” visto che non effettuando nessuna azione di prevenzione, non sta adottando gli adeguati controlli e non sta attivando le misure necessarie a porre rimedio ai mille problemi reali e quotidiani evidenziati. Uno Stato che così facendo viene meno a quella responsabilità di garanzia alla tutela della vita e della salute dei suoi cittadini, favorendo solo il profitto e l’aumento incontrollato dei disoccupati, con conseguente ricatto da parte delle aziende di trasporto, che prediligono gli stranieri, ai quali (sotto ricatto) viene imposto come comportarsi. Ovviamente violando la legge. È così che si arriva a drammi come quello dell’autista polacco morto a Bergamo per essersi procurato una ferita alla gamba, mentre mangiava una scatoletta di carne, perchè di sabato sera era “depositato” nel parcheggio di una ditta, dove avrebbe dovuto caricare il lunedì successivo. Roba da non credere, ma se date un’occhiata all’Eco di Bergamo (il quotidiano locale) è riportata la notizia. Senza dimenticare le altre migliaia di storie schifose… Vogliamo porre fine a questo schifo nel terzo millennio? Vogliamo passare oltre gli interessi (di bottega) di chi vorrebbe che rimanesse comunque questo stato di cose? Ora siamo in un rinnovato quadro politico, da cui finalmente (speriamo) di avere quegli interventi normativi di tutela semplificando ciò che è semplificabile, riordinando e accorpando i testi in vigore sulla regolamentazione del trasporto su strada. Ma i soli spunti normativi, seppur essenziali, non sono sufficienti. Si deve rimettere ordine. Naturalmente, se ci si riuscirà nel trasporto merci, il beneficio non sarà solo per la sicurezza stradale, ma anche per quanto riguarda il lato occupazionale. Per quei disoccupati, come me, lasciati in mezzo alla strada da un mondo senza regole, un mondo che favorisce chi si comporta scorrettamente e punisce chi rispetta le regole”.