A neanche un mese dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il Sistri, sistema elettronico per la tracciabilità dei rifiuti, ha già sollevato decine di osservazioni e perplessità anche gravi fra gli operatori del settore, soprattutto fra le aziende strutturate e che operano alla luce del sole. Infatti, solo approcciando i cardini del sistema, un addetto ai lavori scopre subito le grosse lacune che rischiano di tagliare definitivamente fuori queste aziende.
In particolare, il non obbligo per le aziende straniere che operano in Italia. Mi riferisco soprattutto ai tedeschi, che già oggi utilizzano normative molto più snelle delle nostre come la titolarità a effettuare il trasporto dei rifiuti senza l’obbligo di periziare i veicoli e la possibilità – che abbiamo spesso invano denunciato – di venire in Italia trasportando addirittura cereali, per poi tornare con i rifiuti pericolosi.
Non parliamo dei costi e degli assurdi obblighi di individuare otto ore prima quale sarà la targa e l’autista che effettuerà il trasporto.
Ma quanti uomini hanno pensato di occupare per controllare le migliaia di camion che tutti i giorni trasportano i rifiuti in Italia?
Credo che se entrerà veramente in vigore questo sistema senza le necessarie modifiche l’abusivismo la farà da padrone ancora una volta e sempre di più.
È sconcertante come in Italia si pretenda sempre di legiferare senza conoscere la materia. In tutto il mondo delle spedizioni da anni esiste un sistema semplicissimo per la tracciabilità, il codice a barre, ed esistono dei lettori che ormai costano pochi euro e che potrebbero utilizzare anche le forze di polizia sulle strade (molto più efficaci di un satellitare). Con questo semplicissimo sistema si identifica il viaggio, il produttore, l’autista, il camion, l’intermediario, il destinatario, il codice e tutti di dati che vogliamo.
Forse perché è così semplice e costa poco che non va bene?
Attendiamo risposte dagli addetti ai lavori…
Claudio Fraconti
vicepresidente Asstri