Non uccidere; la strada sia per te strumento di comunione e non di danno mortale; cortesia, correttezza e prudenza ti aiutino; sii caritatevole e aiuta il prossimo nel bisogno; l’automobile non sia per te espressione di potere; convinci con carità i giovani a non mettersi alla guida quando non sono in condizioni di farlo; sostieni le famiglie delle vittime di incidenti; fa incontrare la vittima e l’automobilista aggressore affinché possano vivere l’esperienza liberatrice del perdono; sulla strada tutela la parte più debole; sentiti responsabile verso gli altri. Sono questi i punti del decalogo per la sicurezza sulla strada stilato due anni fa in occasione della pubblicazione del documento Orientamenti per la pastorale della strada, tornato recentemente all’attenzione grazie a un convegno organizzato dal Pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti.
Un incontro integrato europeo, il primo del genere, ospitato presso la sede del Pontificio consiglio in piazza San Callisto a Roma e che ha trovato ampio spazio sul numero in edicola di Jesus (http://www.stpauls.it/jesus/default.htm), la prestigiosa testata del Gruppo periodici San Paolo, diretta da don Antonio Tarzia. Al convegno, che ha avuto come filo conduttore il tema “Gesù in persona si accostò e camminava con loro”, hanno partecipato oltre settanta partecipanti, in rappresentanza di 17 Paesi europei e di congregazioni, associazioni e agenzie. Dopo l’introduzione del presidente del Pontificio consiglio per i migranti, monsignor Antonio Maria Vegliò, e del segretario, monsignor Agostino Marchetto, il dibattito si è subito indirizzato sul servizio che la Chiesa può rendere agli utenti della strada e della ferrovia. Monsignor Wolfgang Miehle, direttore della Pastorale tedesca delle Migrazioni, ha ricordato l’esperienza avvenuta in Germania del telefono amico per i camionisti, «che soffrono la solitudine nel loro lavoro, percorrendo lunghi tratti di strada da soli, per giorni e addirittura settimane».