Vergogna revisioni: in un Paese normale i colpevoli sarebbero cacciati a camionate

Immaginate che diversi dipendenti di un’azienda privata, dai semplici impiegati ai dirigenti, non sappiano o, peggio, non vogliano portare a termine un lavoro semplice, di quelli senza la minima  difficoltà, di quelli che richiedono pochissimo tempo per essere  svolti, e  che, tutti d’accordo tengano una “pratica” sulla scrivania per mesi, senza nessun’altra spiegazione se non l’incapacità totale o la lazzaronite più acuta. Con ogni probabilità verrebbero messi alla porta in blocco, licenziati, magari dopo poche settimane. Forse i perfino spinti da una bella pedata nel sedere. Ora immaginate invece degli impiegati e dei funzionari pubblici , perfino di alto livello, che dopo un anno e mezzo, non sono “riusciti” a emettere un semplice decreto, che in pratica significa scrivere qualche  paginetta su una materia di cui dovrebbero sapere tutto a menadito e su una decisione già adottata, ma che, nonostante questo, sono ancora lì, al loro posto, regolarmente retribuiti e senza problemi di cassa integrazione o altro. Perché loro sono “statali”, lavorano per un ministero”. Perché loro non fanno parte di quel mondo in cui uno deve dimostrare di sapere e di voler fare per avere un bonifico sul conto a fine mese…. Perché loro sono “l’altra faccia della medaglia”, quella che che si rispecchia alla perfezione nel “caso revisioni” dei mezzi. Di cosa si tratta? Presto spiegato. Da anni il ritardo medio negli uffici delle Motorizzazioni civili per le pratiche della revisione annuale dei veicoli pesanti, quindi per chi “guida per lavorare”  e non per divertimeno, si misura in mesi, danneggiando in maniera pesantissima le imprese che lavorano all’estero considerato che oltre confine, a differenza di quanto accade nel Belpaese, la semplice prenotazione di una revisione non è documento sufficiente per la circolazione, facendo scattare salatissime multe. L’ennesima dimostrazione che la macchina burocratica italiana è una porcheria che danneggia chi lavora. Un’autentica vergogna, una schifezza (roba da caricare i tir con dipendenti e funzionari del ministero licenziati in tronco…) che sembrava però destinata finalmente  a essere cancellata dopo la Legge Finanziaria 2019, con la modifica dell’articolo 80 del Codice della strada che trasferiva e revisioni dei veicoli pesanti alle officine private, incaricando il governo di darne attuazione entro 30 giorni. Ma quell’attuazione non mai avvenuta. Quelle poche paginette in 18 mesi, o se si preferisce in oltre 500 giorni, non sono mai state scritte impedendo di rendere effettivo  quanto deciso: “privatizzare” le revisioni dei veicoli pesanti. Ora l’Unione europea, con una proroga, concede altri sei mesi di tempo ai “burocrati” per farlo. Basteranno per farlo? E l’Italia abituata a sfacchinare tutti i giorni per guadagnarsi da vivere, a soddisfare subito  i “clienti” che non aspettano una settimana di più figuriamoci mesi, “devastata” ma anche “ arrabbiata” da quanto accaduto con l’epidemia, sarà davvero ancora disposta a subire, in silenzio, l’eventuale nuova schifezza,ovvero che dei lavoratori pubblici, pagati da loro, possano continuare a non fare quello che devono fare restando al loro posto? La legge è davvero uguale per tutti? A milioni d’italiani che lavorando “privatamente” e pagando le tasse mantengono un apparato pubblico spesso non solo inutile ma dannoso, che li l’ostacola, che li deruba ogni santo giorno che passa, la risposta appare sempre più chiara: no. E aspettano dai vertici del ministero delle Infrastrutture e Trasporti fatti. Non annunci.