Crisi dei trasporti? I Tir italiani sono in panne, quelli esteri viaggiano benissimo…

Spenta l’eco degli annunci della campagna elettorale, i dati ci riportano alla triste realtà. Il Pil diminuisce dello 0,1 per cento rispetto al trimestre precedente e dello 0,5 per cento rispetto al 2013. I consumi si riducono del 3,7 e le vendite del 2,6. L’import è a meno 1, a meno 0,8 l’export. I fallimenti incrementano del 4,6 per cento. Altro che ripresa. Nel mondo dei trasporti, rispetto al 2007, anno precedente alla crisi, si è registrata una riduzione del 20 per cento, mentre il trasporto su gomma ha perso il 27 per cento. Ma il dato più allarmante è che mentre i trasporti effettuati dalle imprese nazionali dal 2007 al 2012 sono diminuiti del 27 per cento, quelli delle imprese estere sono incrementati del 18 per cento. Questo significa che non è la crisi globale a fare i danni peggiori, ma le inefficienze del sistema trasporti di casa nostra – perché di questo si deve parlare – che hanno prodotto mediamente una riduzione complessiva pari a 24 miliardi di euro. Due miliardi l’anno. Le principali ragioni sono da identificare nella pressione fiscale, cresciuta del 2,3 per cento in Italia e diminuita nei Paesi concorrenti, come la Germania, – 2,7 per cento, o la Romania, -1,9. In Italia il costo del lavoro per ogni veicolo pesante è superiore di  21mila euro rispetto a un’impresa slovena e greca e di 12mila a una spagnola. A questo si deve aggiungere, tra assicurazioni, bolli e revisione, un ulteriore maggior costo di 1500 euro rispetto a un’impresa spagnola, 1200 a una slovena e 500 a una greca. Senza contare il carico delle imposte indirette che sulle imprese professionali “pesa” sei volte il contributo da loro dato al reddito nazionale. Se chi rappresenterà l’Italia in sede europea non terrà conto di simili sproporzioni e non metterà in atto gli interventi necessari per far crescere i trasporti e la logistica, elementi decisivi per mantenere i mercati europei, il Paese difficilmente recupererà in competitività. Interventi in sede comunitaria e scelte di politica economica nazionale saranno quindi decisivi. Pensare di ridurre i trasferimenti dello Stato senza tener conto che si tratta di minime restituzioni di una piccola parte di quanto gli operatori versano, porterebbe a reazioni fortissime, oltre che alla fuga all’estero di imprese e lavoratori, con ulteriori riduzioni delle entrate per le casse dello Stato.

Paolo Uggé