Sono passati 40 anni dalle prime “domeniche a piedi”. Era il 1973 e la decisione di fermare le auto scattò per effetto della grande crisi petrolifera generata dall’embargo decretato dall’Opec in seguito alla guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur (6-25 ottobre). Tutti a piedi, quindi, negli Stati Uniti e anche nei Paesi alleati in Europa, Italia compresa. Il settore dell’auto venne messo in crisi in soli cinque giorni. Tra il 16 e il 20 ottobre, infatti, Arabia Saudita, Iran, Iraq, Abu Dhabi, Kuwait e Qatar, assieme alla Libia decisero, come risposta alle forniture militari Usa agli israeliani durante la guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur, un aumento unilaterale del 70 per cento del prezzo del barile di petrolio seguito dal taglio della produzione e dall’embargo contro gli Stati Uniti e le nazioni alleate che sostenevano Israele.
Immediatamente il costo del petrolio schizzò da 3 a 12 dollari al barile, costringendo molti Paesi a varare drastiche misure di riduzione dei consumi, inclusi quelli per la produzione di energia elettrica. In Italia, il governo Rumor impose rincari per i carburanti e per il gasolio da riscaldamento, decise di abbassare a 120 km/h del limite di velocità in autostrada oltre a varare un vero e proprio “coprifuoco” per limitare i consumi di energia (taglio dell’illuminazione pubblica, riduzione degli orari dei negozi, chiusura anticipata per cinema, bar e ristoranti, sospensione alle 23 dei programmi televisivi). Il 2 dicembre del 1973 arrivò anche la prima domenica di stop alle auto private e agli altri veicoli a motore non autorizzati. Una domenica a piedi, per molti in bicicletta, che fece risparmiare 50 milioni di litri di carburante. Da quel momento, gli italiani voltarono le spalle alle auto, generando una vera e propria crisi del settore, superata solamente da quella attuale. Nel 1973 vennero immatricolate 1,449 milioni di auto, un dato in linea con il 1971 e 1972, ma incredibilmente superiore al 2012, mentre nel 1974 si scese a 1,281 milioni e nel 1975 a 1,051.