Ci sono uomini in divisa che vigilando sulle strade (e facendo prevenzione contro possibili eccessi di velocità e manovre spericolate, e dunque incidenti) difendono la salute degli automobilisti e di qualunque altro cittadino si sposti, con altri mezzi o a piedi. Ma ci possono essere anche automobilisti che “vigilano” sulla salute degli uomini in divisa. Come dimostra la storia di uno di loro, un “cittadino e automobilista” per il quale quest’ultimo termine suona a dire la verità decisamente riduttivo, considerato che da pilota di Formula 1 ha corso oltre 100 Gran premi. Prima d’imboccare la strada, una volta tolto il casco e abbandonati i circuiti, che l’ha guidato a diventare imprenditore, fondando fra le varie aziende anche un’impresa che ha come obiettivo tutelare proprio la salute di migliaia di uomini in divisa che ogni giorno operano sulle strade e che, incredibilmente, può essere messa in pericolo proprio dalla divisa che indossano. Lui è Piercarlo Ghinzani, ex pilota (della scuderia Osella, con cui ha corso per gran parte della propria carriera, ma con esperienze anche in Ligier e in Toleman, oltre che protagonista di ottimi test fatti con la Tyrrel, risultando tra l’altro più veloce di campioni del calibro di Michele Alboreto e Stefan Johansson, e protagonista di una trattativa con la scuderia Williams che alla fine però gli preferì Nigel Mansell) e l’azienda è la Gbc Italian Style, produttrice di capi d’abbigliamento tecnico, ma anche calzature, “conformi alle normative Cam, sigla che significa criteri ambientali minimi, riciclabili e dunque ecosostenibili ma soprattutto non dannosi per la salute”, come sottolinea Piercarlo Ghinzani, seduto alla scrivania del proprio ufficio, dal quale è possibile vedere i magazzini nei quali sono appese centinaia di giacche idrorepellenti realizzate proprio per gli agenti di polizia municipale. “I principali clienti della Gbc Italian Style”, come spiega sempre l’ex pilota, “dipendenti di amministrazioni pubbliche particolarmente attente alla “cura” dei propri dipendenti, al punto da scegliere per loro, costretti d’inverno spesso a trascorrere ore per strada, giacconi che non risultino dannosi per la salute come purtroppo accade invece in molti casi”. Un pericolo reale “ma che ancora in pochissimi conoscono”, come aggiunge l’imprenditore alla guida dell’azienda creata nel 2016 proprio dopo aver scoperto che il rischio d’ammalarsi può nascondersi anche nei capi che vengono indossati. “Colpa delle membrane utilizzate nelle giacche idrorepellenti, a prova d’acqua, dei tessuti realizzati con materiali in Ptfe e Pfas, dannosi e cancerogeni”, come spiega l’ex pilota di F1 e come si legge a chiare lettere in una brochure che sottolinea anche come l’azienda sia nata con il principale obiettivo di “creare per riciclare e inquinare meno” producendo “tessuti tecnici di nuova generazione non tossici”. Proprio perchè non contenenti Ptfe, comunemente noto come teflon, e Pfas, a differenza di altri normalmente in commercio e forniti, spesso, proprio alle forze dell’ordine “da datori di lavoro che, semplicemente”, sottolinea l’ex pilota di Formula 1, “non conoscono, come del resto ancora moltissime persone, questa realtà. Pubblici amministratori che di fronte all’esigenza di acquistare una nuova fornitura di capi d’abbigliamento per i dipendenti spesso recuperano un precedente “ordine” senza far neppure caso che nella descrizione del prodotto ci sono quelle due piccole sigle: Ptfe e Pfas”. Due piccoli acronimi invece perfettamente conosciuti dai responsabili di GreenPeace che nel luglio scorso hanno diffuso un ampio dossier relativo a una condanna, inflitta dal Consiglio di Stato del Belgio, proprio per inquinamento da Pfas, invitando tutti i cittadini italiani a firmare una petizione per mettere al bando queste sostanze. “Per l’esattezza sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate, note come sostanze chimiche permanenti, in quanto sono estremamente persistenti nel nostro ambiente e organismo che possono avere effetti negativi sulla salute come danni al fegato, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro”, aggiunge Piercarlo Ghinzani leggendo uno dei numerosissimi testi scientifici che ha accumulato negli anni documentandosi “da uomo particolarmente sensibile alla tutela dell’ambiente e al pianeta che lasceremo in eredità ai nostri figli e nipoti”, come afferma intervenendo un suo collaboratore. Una sensibilità che molti altri italiani hanno, senza avere però la conoscenza dei pericoli che possono nascondersi in una normalissima giacca tecnica. “Il problema di fondo è proprio la scarsa informazione su questa materia”, conclude l’ex pilota alla guida della Gbc Italian Style, “in particolare in Italia mentre in altri Paesi europei si è intervenuti in maniera già importante, sospendendo certe produzioni. La triste realtà è che per troppo tempo la ricerca nel settore tessile è stata finalizzata quasi esclusivamente a realizzare prodotti sempre meno costosi, e dunque con maggior margine di guadagno, a scapito dei possibili effetti collaterali sulla salute, come quelli provocati dai tessuti realizzati con materiali in Ptfe e Pfas, potenzialmente cancerogeni come la scienza medica ha riconosciuto. E come ha confermato anche la “politica”: nel marzo 2023 un decreto del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha infatti dettato le linee guida per le forniture ma anche il noleggio di prodotti tessili individuando precise limitazioni ed esclusioni di determinate sostanze chimiche pericolose lungo il ciclo di vita. Come appunto il Ptfe, polimero chimico che presenta per di più un ulteriore aspetto negativo: le membrane applicate per impermeabilizzare un tessuto vengono infatti lavorate a caldo, generando così l’effetto fusione e creando un corpo unico e inseparabile. Una tecnica che di fatto impedisce la possibilità di lavorazione del tessuto per una nuova filatura impedendo di riciclare. Ma riciclare non dovrebbe essere una delle manovre alla base della svolta green? E gli esempi di “tossicità occulte” del passato, con prodotti dannosi per la salute rimasti ugualmente sul mercato – penso per esempio ai coloranti “made in China” usati per i giocattoli dei bambini o all’amianto tossico, ma vendutissimo per le coperture dei tetti, perché economicissimo – non dovrebbero far spalancare gli occhi a tutti?”. Domande poste da uno che di manovre, in pista, ne capiva come pochi e che da imprenditore ha deciso di compierne una importantissima per la salute di tutti.