Non siamo “Tirroristi”, all’opinione pubblica va detto in maniera chiara e forte che certe informazioni, fatte purtroppo anche da politici e giornalisti, sono false, con prove inconfutabili che lo dimostrano, e dunque sono “fake news” che inquinano solo l’immagine della categoria. E’ assolutamente chiaro e forte il messaggio che Giuseppe Cristinelli, presidente di Fai Bergamo, Dario Mongodi, alla guida di Confartigianato e Patrizio Ricci, primo esponente di Fita-Cna, hanno voluto dare, dalle pagine del quotidiano L’Eco di Bergamo, a chi “attraverso trasmissioni su reti nazionali, forse perseguendo l’intento di accusare una parte politica “nemica”, non ha esitato a chiamare in causa la categoria degli autotrasportatori attribuendo loro una grossa responsabilità nel causare incidenti stradali. Diffondendo una volta di più nell’opinione pubblica, portata a “prendere per buono” quanto detto soprattutto se si tratta di un personaggio famoso ospite di una tv altrettanto conosciuta, una falsa verità secondo cui “nessuno insegna ai camionisti a camminare sulle strade”, con il risultato che “muoiono decine centinaia di persone per questo”. Affermazioni smentite dai dati, come sottolineano i tre rappresentanti di categoria, dalle colonne del quotidiano della Curia bergamasca, mostrando i “numeri” pubblicati nel recente rapporto stilato da Asi-Istat sul quale i tre presidenti hanno evidenziato i passaggi fondamentali, in cui si legge come “nel 2023 il dato sugli incidenti che ha visto coinvolti i mezzi pesanti abbia visto il numero delle vittime scendere del 22,9 per cento rispetto all’anno precedente e, soprattuto, come rispetto a una percentuale di incidenti con coinvolte auto del 67,5 per cento e con moto del 12,8 per cento, quella che vede interessati mezzi pesanti adibiti al trasporto merci scenda al 6,4 per cento”. Ma non è tutto, aggiungono Giuseppe Cristinelli, Dario Mongodi e Patrizio Ricci, perché “di quel 6,4 per cento con coinvolti camionisti solo circa la metà è stato provocato dal mezzo pesante”. Dati di cui non era a conoscenza chi, per giustificare forse il suo attacco politico, ha “usato” i camionisti? Forse, così come può darsi che “non conoscessero molti altri aspetti della “vita professionale” dei conducenti di tir”, come concludono i rappresentanti di Fai, Confartigianato e Fita-Cna. “Come per esempio il fatto che mettere un autista alla guida di un camion è solo l’ultima tappa di un lungo percorso professionale che vede innanzitutto i candidati conducenti sottoposti a un’accurata visita medica per individuare eventuali abusi di alcol o droghe; che c’è la formazione con corsi specifici proprio sulla sicurezza; e infine che i nuovi autisti per le prime uscite in strada vengono affiancati da un camionista esperto chiamato a fare da tutor. Senza dimenticare poi il fatto che , se alla fine di questo percorso l’aspirante autista non risulta adeguato, viene adibito ad altre mansioni. E, da ultimo, aggiungiamo che mediamente un conducente si mette al volante quando ha 22 o 23 anni, quindi con quattro o cinque anni di “maturità” in più rispetto a chi si mette al volante di un’auto, ed è un dato estremamente significativo perché a quell’età c’è una bella differenza, in termini di consapevolezza, di responsabilità. Certo, l’impatto, a partire da quello mediatico, di un incidente che vede coinvolto un tir è molto più grande, ma questo non giustifica che all’opinione pubblica vengano fornite informazioni errate. Anzi, falsificate”.