Sei anni dopo il Ponte Morandi l’Italia pensa a quello sullo Stretto invece che ai 1900 a rischio

Ha preso spunto dall’ “ottima e documentata puntata di ‘Filo rosso revolution’ condotta da Federico Ruffo” andata in onda il 13 agosto Cinzia Franchini, presidentessa dell’associazione Ruote Libere, per fornire il proprio contributo affinché l’Italia non dimentichi la tragedia del Ponte Morandi di Genova ma soprattutto perché nessuno dimentichi come a sei anni di distanza, nonostante le belle parole e le promesse fatte all’indomani della tragedia, il pericolo continui a viaggiare su strade e autostrade italiane in uno stato d’emergenza che “potrebbe deflagrare in episodi drammatici come già avvenuto nel recente passato, come ha denunciato Cinzia Franchini in un comunicato stampa diffuso proprio il giorno del sesto anniversario del crollo a Genova. “La trasmissione Filo rosso revolution ha dimostrato come la manutenzione dei ponti in Italia sia quantomai precaria, un ,emergenza che ritengo vada sottolineata in particolar modo a sei anni dalla tragedia del ponte Morandi’. Quasi duemilaeduecento giorni che non sono bastati neppure a completare la famosa mappa delle strutture a rischio che all’indomani dal crollo del ponte Morandi in tanti avevano annunciato. “Sui 300mila ponti presenti nel nostro Paese solo 80mila sono stati censiti mentre i restanti 220mila non sono mai stati ispezionati”, si legge sempre nel comunicato diffuso dalla presidentessa di Ruote Libere, “e in base ai dati degli esperti i manufatti in calcestruzzo dopo 50 anni iniziano a presentare serie criticità tanto che uno studio del Politecnico di Milano del 2021 certifica che su 61mila ponti ispezionati 1900 presentano altissimi rischi strutturali e 18mila criticità di vario tipo. E ancora, va considerato che in Italia lo Stato incassa dal sistema stradale, cioè dalle tasse sui carburanti e dalle autostrade, 40 miliardi di euro netti.”. Denaro con il quale potrebbe essere garantita la sicurezza di migliaia di infrastrutture, evitando che la tragedia del Ponte Morandi (ma anche quella di Annone Bìrianza e altre ancora) possa davvero ripetersi. Peccato che, sottolinea Cinzia Franchini, “la politica preferisca usare questa importante cassaforte non per la necessaria manutenzione, ma per la sempre rinnovata promessa di nuove eclatanti infrastrutture”. Un riferimento chiarissimo al Ponte sullo Stretto, progetto che sembra essere “l’unico pensiero sul quale è concentrato un ministro”. Lasciando in condizioni di certo non di sicurezza molti ponti “di cui gli autotrasportatori sono i primi utilizzatori, diventando di conseguenza la categoria più esposta a rischio. Per questo, banalmente per permettere a un intero settore di lavorare in sicurezza, chiediamo che le risorse presenti siano usate per la manutenzione e per la creazione di infrastrutture per gli autotrasportatori stessi, a partire dalla realizzazione di aree di sosta e di servizio adeguate”

7 risposte a “Sei anni dopo il Ponte Morandi l’Italia pensa a quello sullo Stretto invece che ai 1900 a rischio

  1. La cosa più grave e’ che non si e’ potuto come si sarebbe dovuto rescindere il contratto con Autostrade perche’ chi firmò quel contratto, governo Berlusconi, mise una clausola che “anche per grave colpa andrebbe garantito il guadagno fino a fine contratto”. Roba da trenta miliardi, per aver deliberatamente non fatto manutenzione e provocato morti. E ora ci ritroviamo con lo stesso problema, ma soprattutto la stessa soluzione che lo ha creato, con l’aggravante di gente che mette l’80% delle risorse delle infrastrutture su un’ opera sola. E una sola voce vera e critica, da parte delle associazioni di categoria. Grazie Cinzia Franchini, un’unico barlume di speranza da quel lato.

  2. E’ bello vedere che qualche rappresentante di un’associazione di categoria nonostante il Ferragosto sia rimasto ancora “sul pezzo”, pronta a far sentire la voce dei lavoratori che rappresenta “e difenderla mentre la stragrande maggioranza dei suoi colleghi, quelli delle “associazioni importanti” era beatamente sotto l’ombrellone o al fresco in montagna…. dimenticandosi perfino cosa è successo il 14 agosto 2018.

  3. Finte filiali est Europa: il signor Gabanella da anni ormai fa questa affermazione, proprio su questo blog, spesso indicando anche un’associazione ben precisa. Peccato che, invitato più volte a fornire le “prove” di quanto afferma si sia defilato, non abbia commentato….. salvo poi ricomparire con le stesse affermazioni. Sembra uno di quegli scappati di casa della politica, come ama chiamarli il presidente di una “vera” associazione, dicono una immensa idiozia, poi stanno buoni per un po’ e poi ritornano a sparare cazzate, come nulla fosse, tanto gli elettori dimenticano tutto. Come diceva quel tale è il popolo bue che fa ingrassare il politico…

    • Io sono uno scappato di casa della politica, ma uno che, purtroppo per lei e quelli come lei, sta in strada e soprattutto non giudica a priori. Vada sul motore di ricerca e digiti Conftrasporto Romania. Altrimenti che mi denuncino pure per diffamazione. Ma se in dieci anni non e’ stato fatto evidentemente un fondo di verita’ di sta. E tanto che ci sta si legga anche la recente sentenza Arcese, condannato per licenziamento illegittimo di settanta autisti italiani proprio mentre assumeva tramite quelle filiali autisti romeni. Con un danno di quindici milioni di euro di cassa integrazione. Informatevi prima di parlare, e non parlate per partito preso. Il problema c’è stato e ci sta,e ha creato altri problemi di conseguenza. Si puo’ negare a oltranza e dire che va tutto bene. Ho dire semplicemente “abbiamo sbagliato” e rimboccarsi le maniche. Ma Lei e quelli come Lei sanno solamente, loro si e davvero, sparare cazzate. E cito testualmente, in nessuno dei miei commenti trovera’ affermazioni simili.

      • Signor Alessandro, per curiosità sono andata su Crome e ho digitato quanto da lei indicato. Il risultato è che, NON ESCE ALCUNA ASSOCIAZIONE CONFTRASPORTO IN ROMANI, ma notizie che Conftrasporto dà ai propri associati sui divieti o permessi/formalità necessari per effettuare viaggi in Romania…. che è un po’ diverso da essere un’associazione con sede in Romania. Se poi le imprese italiane vogliono aprire una società in Europa, non mi pare che la legge europea del libero mercato lo vieti…

  4. “Il 90 per cento delle aziende di trasporto non ha mezzi?” scrive il signor G. Sono dati reali? Sono affermazioni che corrispondono al vero? Qualcuno fra i signori di Anita, Fai, Cna Fita può confermarli (o smentirli). Perché, se fossero veri, ci sarebbe da fermarci tutti a riflettere su cosa sta succedendo, su cosa fanno e, soprattutto, non fanno coloro che dovrebbero garantire che un settore così importante “viaggi nel rispetto delle regole”. Dalla politica alle associazioni stesse….

  5. Politica e associazioni sono da sempre d’accordo nel recitare il teatrino, una mano lava l’altra e tutte e due lavano la faccia che resta, all’apparenza, sempre pulita….. Intanto però i problemi restano gli stessi e sono sempre più gravi….. Ma in tanti non lo capiscono o fanno finta di non capire

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