Fra le centinaia, spesso le migliaia di lavori che un’impresa di autotrasporto ha realizzato nel corso della sua attività ce n’è sempre qualcuno che ha un “posto d’onore” nell’album dei ricordi. Per la complessità della commessa, per la bravura dimostrata nel risolvere ogni problema, per gli attestati di stima ricevuti dal cliente… Giuseppe Del Bello che con i figli Diego e Federica è al volante dell’azienda di famiglia, la Delby srl con sede legale a Chiuduno e operativa a Calcinate, in provincia di Bergamo, nella propria lista dei “lavori più belli” inserisce, ai primissimi posti, un’attività particolare, che l’ha coinvolto ed emozionato come nessun altra. Un’attività che si è protratta per oltre due mesi e che l’ha visto operare come volontario a titolo completamente gratuito fornendo mezzi (e controllandone ogni giorno l’efficienza) all’ospedale da campo allestito dagli alpini alla Fiera di Bergamo durante la prima terribile ondata di epidemia da Coronavirus. Un’emergenza (che proprio in questi giorni si sta riproponendo in modo più che preoccupante) che Giuseppe Del Bello ha vissuto in “prima linea” così come, ci tiene subito a sottolineare, “moltissimi altri colleghi: camionisti che non si sono tirati indietro nel momento del bisogno e hanno assicurato con il loro lavoro, sfidando il contagio, il rifornimento di ossigeno e medicinali agli ospedali e alle farmacie, di cibo a supermercati e negozi…”. Un lavoro spessissimo svolto “dietro le quinte”, lontano dai riflettori, con pochissime testate giornalistiche che hanno sottolineato il ruolo fondamentale svolto dalla categoria durante le settimane più drammatiche dell’epidemia, destinate a rimanere impresse per sempre nella memoria di Giuseppe Del Bello che, ogni mattina presto e ogni sera, si è puntualmente presentato all’ingresso della Fiera dove ormai tutti, uomini delle forze dell’ordine addetti ai controlli, ma anche medici e infermieri, avevano imparato a conoscerlo, per controllare il corretto funzionamento dei sistemi di regolazione della temperatura nei furgoni. “Furgoni frigorifero, di cui uno della mia azienda e tre dell’Italtrans per la quale la mia azienda lavora, messi a disposizione, a titolo ovviamente gratuito, dell’ospedale da campo per il trasporto e la conservazione di medicinali e prodotti alimentari e di cui è fondamentale verificare costantemente il funzionamento per evitare il rischio che le merci, in particolar modo i medicinali, possano danneggiarsi”, spiega Giuseppe Del Bello che quei furgoni li ha mantenuti “in perfetto stato di salute” per tutto il lockdown così come un altro mezzo, messo a disposizione della Croce Rossa di Azzano San Paolo, “per dare un contributo tangibile nella lotta contro questo maledetto virus che ha colpito in modo pesantissimo il nostro territorio”, come spiega, perfettamente consapevole, alla luce di quanto sta accadendo, che lui, come moltissimi altri colleghi, potrebbe essere chiamato a “rimettersi a disposizione” nel caso la seconda ondata di pandemia non dovesse arrestarsi. Pronto a rifare tutto quanto, semplicemente perché, afferma con orgoglio, “quando c’è da dare una mano la categoria non si tira mai indietro”. E questo nonostante gli enormi sforzi compiuti in primavera e il coraggio dimostrato, da veri e proprio eroi, alla stregua di medici e infermieri, sia stato troppo spesso “ripagato” in maniera vergognosa. “Ripensare ai tantissimi colleghi che si presentavano nelle aziende per scaricare le merci e venivano trattati come veri e propri untori, come nel Medioevo, con committenti che hanno negato ai camionisti l’accesso alla macchinetta del caffè o addirittura ai servizi igienici, per fare i bisogni o per lavarsi le mani, è una cosa che mi fa venire ancora i brividi”, conclude Giuseppe del Bello, “così come mi è dispiaciuto enormemente vedere che le istituzioni nel momento dei “ringraziamenti” a tutti coloro che hanno operato per sostenere il Paese si sono dimenticate degli autotrasportatori. Ma poco importa: quel che conta è la consapevolezza di quanto molti di noi hanno fatto, del ruolo che noi autotrasportatori abbiamo avuto in questa battaglia per la sopravvivenza della gente oltre che dell’economia, battaglia che abbiamo combattuto sul campo.Una consapevolezza e un orgoglio che nessuno potrà mai toglierci. Un ruolo che, sperando ovviamente di non doverlo mai più fare, siamo pronti a recitare di nuovo, nel caso di una nuova grave ondata di contagi. Perché noi camionisti siamo fatti così: se c’è da dare una mano siamo sempre in prima linea. Pronti ad accendere i motori e a partire. Senza aspettarci nulla in cambio, ormai ci siamo abituati…”.
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