Era previsto che il pasticcio sarebbe stato cucinato (del resto le festività natalizie erano il momento giusto): senza un’intesa e la preparazione di un’ipotesi condivisa dalla maggior parte degli operatori (ingredienti assolutamente indispensabili) il risultato non poteva che essere quello. Con risultati che rischiano d’essere devastanti per un’intera categoria di lavoratori: quella dei noleggiatori d’auto con conducente che rischia di veder scomparire migliaia di imprese, “travolte” da nuove norme che sarebbe stato possibile contrastare comprendendo in tempo quali strade seguire. Colpa anche di certi “cuochi”, alias rappresentanti sindacali del settore noleggiatori, ai quali Conftrasporto aveva da tempo segnalato il pericolo. Ma in troppi non hanno saputo (o voluto?) comprendere che se esistono confederazioni che rappresentano entrambe le professioni (in questo casi taxi e Ncc) non possono essere in grado di schierarsi. E così, fra timori di perdere aderenti e con gli operatori più deboli sindacalmente incapaci di trovare una rappresentanza unica e di ricercare una confederazione in grado di dare tutto il proprio sostegno, il finale è stato scritto con largo anticipo. Cosa accadrà ora? Il testo del decreto approvato dal Governo determinerà ancor più confusione e avvierà una fase incerta che scaricherà le conseguenze sugli operatori “minori”. Il tutto sotto lo sguardo, incapace di vedere, di pseudo leaderini che puntano solo a essere presenti nelle riunioni ministeriali al fine di poter soddisfare il proprio ego e poter dire “io c’ero e ho parlato” e che stanno portando alla disfatta decine di migliaia di imprese e 80mila lavoratori. Un disastro annunciato, frutto della poca dimestichezza nel rappresentare e di una classe politica (il riferimento non è solo a quella che oggi è al governo) di superficiali che non sanno scegliere nell’interesse del Paese ma che sembrano solo voler evitare di trovarsi coinvolti in proteste che bloccano le metropoli più importanti. Una storia che assomiglia fin troppo a quella “scritta” da quei politici che nel 2008 inserirono, nottetempo, un emendamento nella legge finanziaria per favorire, con la scusante di combattere l’abusivismo praticato dai noleggiatori in particolare della città di Roma, l’attività dei taxisti. L’assurdità di quella norma è provata dal fatto che per ben 11 anni l’emendamento “pro taxisti” non è mai entrato in vigore nonostante le pressioni dei diretti interessati. Il testo è a disposizione di chiunque per la lettura, a cominciare da coloro che hanno promesso un governo del cambiamento e che su una vicenda del genere non possono che seguire una sola strada: quella di una riforma radicale, che detti regole chiare e precise. Il tempo per intervenire c’è ancora: anche questa volta infatti una piccola proroga è presente, in quanto il decreto approvato, pur dettando nuove disposizioni, diverrà realmente operativo solo quando le sanzioni saranno vigenti (la data prevista è il 30 marzo 2019). Il testo dovrà essere discusso alle Camere e potrà essere modificato. Ed è lì che bisognerà agire. Ovviamente arrivando preparati all’appuntamento: una rappresentanza adeguata della categoria dovrebbe, in temi rapidi e senza credere a promesse circa nuove leggi che regolamentino l’attività (Babbo Natale è già passato ma pare che qualcuno creda ancora ai regali tardivi…), organizzarsi per proporre cambiamenti razionali sui quali organizzare la difesa della categoria. Partendo da un punto ben preciso: la denuncia di un’assurdità tutta italiana che concede la possibilità ai taxisti di non rilasciare lo scontrino fiscale. All’estero non solo lo rilasciano, ma hanno anche i sistemi di pagamento sempre funzionanti, su vetture accoglienti e dotate del necessario condizionamento. Ci sono delle regole che vengono fatte rispettare. Il punto da evidenziare dunque è se possa un governo non affrontare tale aspetto solo per il timore di trovarsi dei blocchi nelle città: assurdo. Sul “fronte opposto”, quello degli Ncc, certamente esiste la necessità di impedire forme di abusivismo, e quindi il rilascio delle autorizzazioni per attività di noleggio auto con conducente dovrà seguire delle procedure nuove. Ma anche qui la soluzione esiste, basta solo saperla cercare: il titolo quinto non assegna alle Regioni le competenze riguardanti il trasporto pubblico locale? Perché non assegnarle a loro senza possibilità di sub delega? Senza una risposta sindacale che rappresenti almeno la maggior parte della categoria e che dia mandato a chi è in grado di gestire la rappresentanza di interloquire con il ministero (e che nel contempo sia in grado anche di organizzare azioni sindacali non violente ma adeguate) il “pasticcio” cucinato dal governo in carica sarà indigesto a molti operatori. Ma il rischio è che “resti sullo stomaco” anche al governo stesso: se si penalizza troppo qualcuno, il risultato potrebbe anche dare l’innesco ad azioni autogestite incontrollate. Un esempio? I gilet francesi, i cui antesignani sono stati nel nostro Paese i “forconi dell’autotrasporto” che alcuni anni fa furono sconfitti perché le federazioni responsabili agirono con determinazione. Conftrasporto/Confcommercio è sempre disponibile a trovare le soluzioni adeguate. Lo sono anche i rappresentanti degli operatori del noleggio con conducente? Il tempo stringe.
Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio