Via della Seta, la Cina sta scavalcando l’Europa? Intanto l’Italia rischia di farsi scavalcare da tutti

La Via della Seta sta “scavalcando” l’Europa ma molti sembrano non accorgersene. Basterebbe questa riflessione per capire quanto sia importante mantenere sempre altissima l’attenzione sul tema delle infrastrutture, sulle quali viaggerà il futuro dell’economia dei singoli Paesi. Infrastrutture che “decideranno” quali Paesi avanzeranno e quali invece retrocederanno. Un tema che, in modo del tutto evidente, è collegato con “la partenza” del nuovo governo e le tante trattative che questo comporta. L’elenco delle questioni sul tavolo è lungo e complesso. Partendo proprio dalla Via della Seta che può essere una prospettiva per il nostro Paese ma solo a precise condizioni.  Non lo afferma (da tempo….) solo Conftrasporto: è scritto in un documento in cui la Commissione per i trasporti e il turismo del Parlamento europeo ha evidenziato sia le opportunità sia i rischi per il sistema dei trasporti europei del progetto. Pericoli rappresentati innanzitutto dalla mancanza di una definizione ufficiale con un programma di progetti e investimenti del nuovo colossale percorso (che su terra attraverserebbe tutta l’Asia Centrale per arrivare dalla Cina fino alla  Spagna, mentre via mare costeggerebbe  l’Asia Orientale e Meridionale arrivando fino al  Mar Mediterraneo  attraverso il  canale di Suez, coinvolgendo 65 Paesi che rappresentano il 60 per cento del Pil e il 30 per cento della popolazione) che di fatto avviene scavalcando l’Unione europea, passando per contatti diretti con i singoli Paesi. Un’operazione che più che un’opportunità sembrerebbe avere le sembianze di un’azione ostile.  La Cina (che ha ipotizzato 80 progetti e investimenti che riguardano i nodi di trasporto che assumono la forma di partecipazione nell’azionariato di porti, ferrovie e aeroporti) sembra infatti intenzionata a muoversi attraverso accordi bilaterali, senza un approccio unitario che prenda in considerazione la realtà europea nel suo insieme e ambiti di collaborazione che dovrebbero tener conto del principio di reciprocità. L’Italia è particolarmente interessata  e fra le “grandi manovre” in corso è impossibile non segnalare l’attivismo dell’ottimo presidente del porto di Trieste che sta operando in ogni modo, prendendo contatti con i porti del nord Europa, per evitare il rischio che l’Italia sia bypassata dal corridoio balcanico e dalla concorrenza del porto del Pireo che, non dimentichiamolo, è ormai un avamposto della Cina. Di fronte a questo scenario non è più che evidente la necessità di affrontare il tema del sistema infrastrutturale del nostro Paese? In alcune recenti uscite di parlamentari del Movimento 5 Stelle si parla di abolizione del Terzo valico in Liguria come “opera non necessaria”: più di sei mila firme, raccolte in tre settimane con una petizione popolare, ribadiscono quanto invece sia fondamentale questo collegamento  con il Corridoio cinque, una delle dieci vie di comunicazione dell’Europa centro-orientale, destinata a passare da Venezia, Trieste, Lubiana, Maribor, Budapest, Užhorod, Leopoli e Kiev. Insomma una situazione che investe gli interessi della nostra economia e che merita risposte chiare, anche per non consentire alla vicina Francia di potersi sfilare dalla realizzazione di un’opera utile soprattutto all’Italia. Il programma del prossimo Esecutivo non potrà evitare di prendere una posizione. E occorre fare in fretta. In caso contrario non potremo lamentarci se di fronte alla nostra inerzia altre iniziative potranno accelerare ed escluderci.

Paolo Uggé