Duro colpo per la mafia cinese, molto attiva nel settore dell’autotrasporto, che giovedì mattina ha subito quello che la Polizia ha definito uno “scacco al re”. Trentatre persone sono state arrestate, altre 21 sono indagate in stato di libertà nell’ambito dell’operazione “China Truck” diretta dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze. L’organizzazione di carattere internazionale “si occupava principalmente della gestione in regime di monopolio del trasporto su strada della merce di origine cinese o prodotta in Italia da cittadini cinesi”, si legge in un comunicato della Polizia. “Gli investigatori sono stati in grado di documentare l’evoluzione dell’associazione che, da Prato, aveva esteso la propria influenza a Firenze, Roma, Milano, Padova e Pisa, sino a varcare i confini nazionali e arrivando in Francia e Spagna”.
L’associazione era guidata da un cittadino cinese che ha cominciato a Prato la propria carriera criminale. “All’inizio della sua espansione è entrato prima in conflitto e poi in affari con un connazionale, che ha assicurato all’organizzazione il braccio armato. Attraverso intimidazioni e vere e proprie violenze il gruppo criminale si è impossessato, passo dopo passo, di tutto il sistema di trasporti delle merci prodotte in Cina”, spiega la Polizia. Oltre al trasporto merci, la banda si occupava della gestione del gioco d’azzardo, prostituzione, spaccio di stupefacenti e prestito ad usura. “L’operatività di questa organizzazione mafiosa sconvolge, da un lato controlla locali notturni, prostituzione, spaccio, usura ed estorsioni, dall’altro con i metodi della violenza si accaparrava aziende nei trasporti infiltrando l’economia pulita legale”, ha detto il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho in conferenza stampa a Firenze. “È un’operazione eccezionale, che identifica la composizione dell’associazione mafiosa cinese e ricostruire la sua operatività, riconoscendovi i caratteri della mafiosità. Tutto ciò è frutto di una indagine di altissimo livello. La criminalità cinese, come quelle albanesi e romene cominciano a profilarsi come organizzazioni criminali sul territorio italiano”.