I ritardi della Salerno Reggio Calabria, autostrada i cui lavori sono stati completati a fine 2016 dopo 55 anni salutati dalla battuta del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni “scusate il ritardo”, sono diventati una “leggenda” mondiale. Purtroppo non metropolitana: tutta vergognosamente vera. Emblema del precipizio in cui è sprofondata la classe politica e amministrativa del Paese per decenni e conferma che non è quel o quell’altro partito o governo a fare acqua da tutte le parti: è proprio la “categoria” di chi, spessissimo non sapendo far altro, fa politica. Un esempio imbarazzante, la Salerno Reggio Calabria, ma non certo il solo. Ci sono moltissimi altri cantieri che sono avanzati a passo di lumaca e altri, addirittura, che non hanno mai neanche aperto. Sono partiti solo a parole, nient’altro. Come per esempio l’autostrada della Valtrompia, area industriale bresciana che pure avrebbe un bisogno terribilmente forte di viabilità scorrevole per restare viva economicamente e dare lavoro a migliaia di famiglie. Un bisogno vitale ribadito a gran voce dai rappresentanti della Fai Conftrasporto di Brescia che hanno denunciato come “i ritardi, ormai ultradecennali, nella realizzazione dell’autostrada abbiano già comportato pesanti conseguenze per il tessuto industriale di alcune aree”, e come ” perdere ulteriore tempo significherebbe solo portare una delle zone produttive più importanti del Bresciano e dell’intera Lombardia verso un impoverimento che non merita”. “Il raccordo autostradale della Valtrompia si deve fare senza ma e senza se, per dare finalmente un’adeguata risposta ai bisogni di una realtà sociale ed economica ancora ricca, vitale e in grado di dare tanto anche negli anni futuri.”, ha affermato il presidente della Federazione autotrasportatori italiani di Brescia, Sergio Piardi. “A guadagnarne non sarebbe solo il mondo imprenditoriale, ma più in generale la vita dell’intera valle, turismo incluso. E non vanno neanche dimenticate le ragioni della sicurezza: in Valtrompia bastano incidenti di banale entità a creare blocchi del traffico e lunghe code, nelle quali diventa pericoloso e lento muoversi anche per i mezzi di soccorso”. E a quegli ambientalisti che, dimostrando scarsissima preparazione, proseguono, come farebbero dei cavalli con i paraocchi, sulla strada del no ideologico a ogni nuova infrastruttura, Sergio Piardi spiega che “i progressi aerodinamici dei nuovi mezzi riescono a ridurre il livello di impatto ambientale, offrendo una gamma di motori ibridi, alimentati a gas, metano ed elettrici”, e che ” non è certo la costruzione di una nuova strada che fa aumentare l’inquinamento, ma gli incolonnamenti. Un veicolo Euro 6 fermo in coda contamina l’aria di più di un Euro 0 in movimento. Gli imprenditori hanno voglia di mettere in campo nuovi progetti”, conclude il presidente della Fai bresciana, “dire no all’autostrada significherebbe dire no al progresso, e questo è sbagliato”. Concetti ribaditi dal presidente regionale della Fai, Antonio Petrogalli, che sottolinea un altro aspetto, ovvero come “la delocalizzazione delle imprese che scendono in pianura o in aree più facilmente raggiungibili, oltre a essere un danno per l’economia locale, riempia le strade dei veicoli dei dipendenti che una volta avevano il lavoro vicino a casa e ora si devono sobbarcare viaggi di alcune decine di chilometri, con ripercussioni negative sulla loro qualità della vita oltre che sull’ambiente”.