Tir e attentati, servono un corridoio per i Paesi dell’area Schengen e più controlli extra Ue

Luglio 2016. A Dover la paura di un possibile attentato terroristico su uno dei traghetti che attraversa la Manica fa scattare controlli a tappeto che paralizzano il traffico con code di auto che superano i 15 chilometri. A oltre 1700 chilometri di distanza, nel suo ufficio romano in Conftrasporto, il presidente nazionale Paolo Uggè accende il proprio portatile e scrive alcune riflessioni da girare ai “decisori” della politica europea, con la speranza, “che possano adottare finalmente iniziative, e che le prendano in fretta. Decisioni”, spiega Paolo Uggè, “non più rinviabili per chi ha l’onere di assicurare la libera circolazione delle merci perché dopo la Brexit il rischio che si faccia strada la politica di rinnegare il trattato di Schengen è dietro l’angolo; perché tutto quanto sta accadendo lascia trasparire quello che potrebbe rapidamente accadere qualora Germania, Francia e Austria, nel tentativo di rispondere alle paure dei propri cittadini, introducessero veri e propri muri di auto e Tir creati da controlli del tipo di quelli adottati dalla Francia e che hanno paralizzato l’uscita dall’Inghilterra…”. Riflessioni valide allora come oggi, all’indomani della strage di Stoccolma dove un Tir è piombato sulla folla uccidendo cinque passanti e ferendone altri, così come attualissimi sono altri passaggi di quella lettera scritta dal presidente di Conftrasporto e vicepresidente di Confcommercio. 

Come per esempio quelli in cui si affermava che “Questo potrebbe succedere e questo va impedito. Perché spaventano le ricadute che nuovi muri creati da controlli antiterrorismo comporterebbero per l’economia e conseguentemente per gli stessi cittadini. L’evidente rallentamento nello spostamento delle merci produce minore competitività per tutta l’economia europea. Che la sicurezza debba essere al primo posto non esiste alcun dubbio: la domanda è se si possa garantirla assicurando il più possibile la libera circolazione delle merci”. E validissima oggi più che mai, afferma a un anno di distanza Paolo Uggè, intervistato da stradafacendo.tgcom24.it che all’epoca aveva pubblicato il testo, “è la proposta che Conftrasporto aveva lanciato con forza: creare un corridoio per i Paesi dell’area Schengen attraverso il quale automezzi di quei Paesi, condotti da autisti residenti, possano transitare secondo le regole in vigore oggi. Applicando invece ai mezzi extra Ue il sistema austriaco secondo il quale è obbligatorio, per ogni trasporto, comunicare con sette giorni di anticipo i dati dell’impresa, della merce trasportata, la destinazione e i dati del conducente del mezzo. Informazione senza le quali l’autoveicolo non può entrare nello spazio europeo. L’Austria lo ha già fatto. Il resto d’Europa cosa aspetta?”