Scendere ogni giorno in un vero e proprio inferno, dove ogni metro, ogni “passo falso” può significare la morte, può essere un incubo terribile. Oppure può riservare un’emozione e un piacere unici, come può riservarli solo uno dei lavori più difficili ma anche più appassionanti che possano esistere. Dipende dai punti di vista. Dall’osservatorio del Tir che quasi quotidianamente guida su salite e discese ripidissime quanto strettissime, su un fondo sterrato, scavate all’interno di una cava di marmo dove qualsiasi autista normale avrebbe il terrore a guidare perfino il più performante dei fuoristrada, veri e propri gironi infernali che sprofondano nelle viscere della terra, Sauro Bianchi, autista di Carrara, vede il percorso che conduce fino al fondo delle cave di marmo, dove lo attendono blocchi di pietra bianchissima del peso di decine di tonnellate, come un traguardo normale, al termine di un viaggio normale.
Un punto di vista decisamente diverso da quello di milioni di persone, completamente agli antipodi rispetto a quello, per esempio, di Marco Berry, ex Iena scelto per guidare la trasmissione Inarrestabili, che scendendo al fianco di Sauro Bianchi lungo i tornanti a precipizio nelle cave di Carrara ha maledetto mille volte il momento in cui ha dettò si a quella proposta di registrare una puntata fuori dal comune. Su un tragitto dove occorre avere nervi d’acciaio e cuore da leone, perché bastano davvero una frazione di secondo, pochi centimetri per precipitare nel vuoto. Ragione per la quale Sauro Bianchi ha consigliato al celebre compagno di viaggio, come se fosse la cosa più normale del mondo, di non allacciarsi le cinture di sicurezza. “Perché in caso d’incidente meglio essere pronti a buttarsi fuori dalla cabina di guida, e le cinture possono essere una trappola mortale”. Un viaggio che ai comuni mortali può apparire un’esperienza agghiacciante, ma che per Sauro Bianchi non ha nulla di speciale. Forse perché lui, figlio di un camionista che ha passato anni a scendere nei gironi infernali scavati nel marmo, l’ha sempre visto come un lavoro come un altro, fin dalle prime discese. Fino a diventare il Roy Batty ( il capo dei “replicanti” ribelli in fuga dalle colonie extramondo nel film Blade Runner) dei camionisti, uno che “ha viste cose che voi umani non potreste immaginarvi”. Cose che Sauro Bianchi ha deciso di raccontare in uno specialissimo viaggio intervista a stradafacendo.tgcom24.
Il mondo dell’autotrasporto ha mille facce, dalle più “normali” alle più incredibili. La sua azienda svolge un’attività davvero incredibile: trasporta macigni di marmo pesanti tonnellate su strade che sono in realtà sentieri scavati dentro le cave di massa Carrara… “I nostri Tir trasportano blocchi di marmo estratti dalle cave Apuane all’interno di queste voragini e poi dalla vetta della montagna a valle, su quelli che sembrano sentieri ma che in realtà sono strade di arroccamento scavate sui “ravaneti”, ovvero l’accumulo dei detriti di scarto fatto di sassi fin dai tempi più antichi. Nella maggior parte le “nostre” strade qui a Carrara nelle cave sono fatte così: strade costruite attorno alla fine degli anni ’40 – inizio anni ’50 con l’avvento delle prime ruspe-escavatrici. Prima invece il trasporto dei blocchi veniva eseguito con l’antica pratica della lizzatura, ovvero il metodo con cui dall’epoca egizia si trasportavano i massi squadrati per costruire le piramidi, grazie a una slitta su cui i blocchi, legati in maniera particolare, venivano fatti scivolare su travi di legno. Proprio giù per quegli stessi ravaneti che oggi fanno scendere i bisonti del marmo… Ai tempi della lizzatura, una volta che i blocchi di marmo avevano attraversato il percorso più arduo, quello dalla cava al “poggio” che è la parte finale ai piedi della montagna, il trasporto continuava il suo viaggio su carri trainati dai buoi. Con l’avvento della tecnologia questo metodo di trasporto è stato gradualmente soppiantato, prima dall’utilizzo della ferrovia marmifera e successivamente dai camion. I primissimi mezzi pesanti usati per trasportare blocchi sono stati i White model 666, camion dell’esercito americano che nel dopoguerra erano rimasti in disuso e sono stati acquistati da imprenditori della zona per essere poi trasformati con apposito pianale e argano per caricare i blocchi in maniera completamente autonoma. Questo sistema di carico è rimasto in voga fino alla fine degli anni ’80 – inizio anni ’90, poi gradualmente è stato soppiantato dalle enormi ruspe che oggi riescono a sollevare dei carichi impressionanti anche di 50 tonnellate di peso. Il sistema di carico con la fune e l’argano oggi è molto raro a meno che non vi siano ragioni eccezionali non viene più adoperato”. Un’attività mostrata in tv in una puntata degli Inarrestabili, condotta da Marco Berry, che ha lasciato sbigottiti moltissimi telespettatori. La domanda che in molti (almeno fra gli umani del volante increduli a queste manovre da extraterrestri della guida, si sono posta è: ma chi glielo fa fare? A lei chi o cosa gliel’ha fatto fare? “Chi me l’ha fatto fare! Beh nessuno mi ha costretto se non altro… Io ho sempre desiderato fare questo lavoro, forse per la semplice ragione che mio padre e ancora prima mio nonno lo facevano. Mio padre lo fa tutt’ora. La nostra è una storia familiare profondamente legata a Carrara e alle sue cave. È una cosa viscerale, che qui da noi è sentita anche da tantissime altre persone. Credo dalla maggior parte, come un senso di appartenenza culturale. Qui le famiglie sono campate per generazioni con questi mestieri legati al marmo è con esso che hanno potuto vivere, mangiare, crescere. E purtroppo tantissime volte anche piangere: piangere la perdita di familiari, di amici, di colleghi. Il marmo per noi carraresi è la nostra vita e il nostro dolore: c’è veramente un rapporto di vita con questi monti che forse per chi non è di Carrara non è tanto facile da comprendere. Oltre a questo ci metta anche la mia grande passione per i camion, passione che mi è stata trasmessa da mio padre. Ricordo perfettamente quando, da bambino, lo sentivo arrivare a casa, il rumore delle marce e del motore durante le manovre di parcheggio, il camion all’ora di pranzo in fondo al vialetto di casa. Cercavo di correre il più velocemente possibile per andargli incontro prima che lui spegnesse e scendesse giù in modo da poter salire un po’ in cabina, e avevo solo quattro anni! Mio padre e mio nonno sono stati i miei eroi, ho sempre saputo a quali rischi si sarebbero esposti la mattina quando partivano all’alba per andare a lavorare e lo facevano per pagarmi il vivere. Fare bene questo lavoro, farlo nel modo più meticoloso con la massima attenzione ai particolari, è quello che ti permette di svolgerlo al meglio evitando rischi per se stessi e per le persone che ti stanno intorno. Perché va ricordato che questi bestioni una volta carichi attraversano città piene di passanti di auto dove, per assurdo, si potrebbe staccare anche un pezzo di marmo difettoso e finire su qualcosa e l’attenzione principale va rivolta proprio a quello che si va a caricare, tutte le volte marmo ma tutte le volte diverso. Mio padre nella puntata di Inarrestabili ha descritto il nostro lavoro con quattro semplici parole che mi hanno stupito per la loro semplicità ma che rendono in pieno il sentimento che lo muove “ogni viaggio una conquista”. Ed è così. D’altro canto vi è una parte nel mio mestiere, “quella romantica” come mi piace definirla, che ancora oggi dopo 20 anni mi emoziona. Ha visto la puntata? Ha potuto intravedere i nostri monti quali scenari riescono a regalarci? Unici! Se mi guardo indietro posso dirle con sincerità che non ho mai “lavorato” un giorno se alla parola lavoro si vuole attribuire il significato di sacrificio. Ho sempre fatto quello che mi piaceva di più nella vita e per questo mi sento molto fortunato. Sono poche le persone che possono dirlo”. Guidare un Tir e trasportare merci può essere un lavoro pericoloso. Guidarlo su strade strettissime e ripidissime scavate all’interno di una cava di marmo, in quello che sembra un girone infernale, può essere pericolosissimo…. Da 1 a 10, quanto pericoloso? “Io dico da 1 a 11, perché il pericolo è parte costante del nostro lavoro e oltre che nella difficoltà di affrontare strade così ripide e strette con dei mezzi di 48 tonnellate di massa complessiva sta anche nell’ambiente che ti circonda, tutto intorno a te. Il pericolo è ovunque, non bisogna mai sottovalutarlo, non bisogna mai dare niente per scontato. I mezzi devono essere controllati in maniera scrupolosa, quasi come un aereo pronto per il decollo, perché dall’efficienza del proprio mezzo dipende la maggior parte della tua sicurezza. Provi a immaginare se si guastasse il sistema frenante o si spaccasse una trasmissione proprio in una di quelle manovre, o giù per una retromarcia carichi con 32 tonnellate sulla schiena… Poi bisogna tenere conto del carico, del suo posizionamento, della sua forma sempre irregolare, dell’ambiente di cava estremamente pericoloso fatto di mille insidie. Io dico sempre a un ragazzo che viene via con me che sta imparando: “Non dare mai troppa confidenza a quello che stai facendo, anche dopo tanti anni non prendere le cose sotto gamba, sii sempre scrupoloso fino alla noia”… E poi, poi ci vuole la cosa più importante una buona dose di fortuna sempre”. Quali sono i momenti, le manovre più rischiose che deve affrontare dentro la cava? “Le manovre più pericolose riguardano il momento del carico, perché si è molto esposti fisicamente. A volte bisogna intervenire manualmente proprio mentre le enormi ruspe stanno posizionando il blocco, con una stretta collaborazione visiva tra ruspista e camionista; a volte bisogna infilare delle zeppe di legno o mettere delle travi sotto il blocco nelle parti più irregolari per far sì che il blocco appoggi nella maniera più stabile sul pianale per evitare che si possa poi muovere durante il trasporto, perché se succede una cosa simile in una strada di cava un blocco può trascinarti via con lui. E parliamo di 30/32 tonnellate di marmo contro il peso del camion che è di 16, la metà. Poi una volta caricato e assicurato il tutto c’è la strada, che non è mai uguale: ci sono strade più “facili” e ci sono quelle impossibili. Strade talmente strette dove non ci sarebbe spazio sufficiente per manovrare se non ci fossero le “forbici”, cioè spazi dove il camion arriva di muso e scende in retromarcia e viceversa, avanti e indietro tutto a zig zag. Le strade sono così strette per la forma delle Apuane, alte e aguzze. Gli spazi per ricavarne strade sono quasi inesistenti”. Lei durante la trasmissione ha invitato Marco Berry a non legarsi con la cintura di sicurezza perché è più pericoloso: perché è meglio tenersi liberi di saltare dalla cabina nel caso il camion precipiti nel vuoto… Lei ha mai corso seri pericoli? Ha assistito a gravi incidenti? Guidare in quelle condizioni, con le ruote del camion che viaggiano sul ciglio del burrone che sembra voler franare sotto il peso da un momento all’altro, senza alcuna protezione, con sotto solo un precipizio e la sensazione che i tornanti che si vedono, piccoli, là in fondo, siano sospesi nel vuoto, richiede nervi saldissimi e tanta, tantissima abilità: come ci si “allena” a fare ogni giorno un lavoro tanto rischioso? “Nel tratto di percorso in cava è meglio non essere cinturati: sono successi incidenti dove il conducente si è lanciato via come nei film d’azione e in quei casi a volte bene a volte peggio ma si sono sempre salvati nei casi dove invece non hanno fatto in tempo non è mai finita bene. Circa tre anni fa è successa l’ultima disgrazia su un camion destinato al trasporto scaglie: un ragazzo greco ha perso la vita mentre stava imparando. Non si sono mai chiarite completamente le dinamiche di quanto accaduto: è precipitato per un ravaneto ed è rimasto schiacciato nella cabina. Questa è una cosa che mi ha fatto un po’ riflettere sul fatto che i mezzi da cava come una ruspa hanno cabine in grado di sostenere il proprio peso e anche di più, mentre per i camion da cava cantiere non è così, cioè sono sprovvisti di roll bar sicuramente per un fatto di peso di tara credo ma forse questa cosa andrebbe rivista. Anch’io ho corso seri pericoli: una volta in particolare mi è franata la strada da sotto le ruote con un precipizio di almeno 200 metri, la strada era larga come il camion e il percorso era obbligato. Con le prime ruote sono riuscito a passare mentre affacciato dal finestrino controllavo il cedimento, ma con gli ultimi due assi dove il peso è maggiore la strada è franata definitivamente. È stata una bruttissima sensazione, sono riuscito a scappare via accelerando al massimo mentre l’ultimo asse posteriore stava sprofondando. Quel giorno ho chiamato mio babbo e gli ho detto: “Io per oggi ho finito”. Questo è un mestiere che richiede autisti speciali ma anche camion speciali. I vostri mezzi, per esempio, devono avere una trazione 8×8: cosa significa? “Otto per otto, cioè con tutte le otto ruote motrici per arrampicarsi su per le estreme pendenze e dotati di bloccaggi trasversali e longitudinali degli assi, dotati anche di marce ridotte”. Più un lavoro è rischioso, più dovrebbe essere meglio retribuito di altri. L’autista di Tir che rischia la vita più degli altri guadagna di più? “I guadagni sono quelli di un normale operaio, si è pagati a ore o a giornata, non vi sono indennizzi speciali di nessun genere. Gli autisti come i cavatori dovrebbero essere pagati molto bene, ma purtroppo non è così”. Nel nostro Paese ci sono lavori considerati “usuranti”: il suo è considerato tale? “No assolutamente. Il fatto che io lo svolga in cava non cambia niente: pensi che addirittura i nostri cavatori combattono da una vita per ottenere questo indennizzo ma gli è sempre stato negato perché classificato come lavoro in miniera aperta, perciò non usurante. Mi fa sorridere questa affermazione perché miniera a cielo aperto non può far venire in mente nient’altro che cose positive il cielo aperto, lo spazio, l’aria, il sole. Sfiderei un po’ dei nostri politicanti a lavorarci un giorno per vedere se si sta così bene, con temperature che in inverno scendono a meno 8 e d’estate schizzano a oltre 40 gradi, sotto un sole cocente che si riflette nel bianco come fosse uno specchio. Senza contare il pericolo, la polvere che si respira, i rumori frastornanti che ti martellano la testa per otto ore tutto il giorno. È un lavoro molto pesante”. Lei ha seguito le orme di suo padre: sarebbe contento e tranquillo se i suoi figli facessero la stessa scelta? “Questa domanda mi riguarda molto da vicino: se tutto va bene a breve diventerò padre per la prima volta e ci ho pensato spesso. Beh mio figlio sarà giusto che faccia quello che sente più idoneo per lui, dovrà avere la possibilità di scegliere come è giusto che sia e qualsiasi cosa vorrà fare nella vita se lo gratificherà e lo renderà migliore e felice sarò felice per lui. Gli auguro solo questo”. Molte aziende dell’autotrasporto hanno dovuto affrontare negli ultimi anni ostacoli durissimi messi sul loro percorso dalla crisi. Anche il mercato dei marmi ha vissuto momenti difficili? “Il nostro settore sta affrontando in questo momento uno dei suoi periodi peggiori. Il marmo è strettamente legato al mercato estero, i momenti di guerre e tensioni che stiamo attraversando, in particolare in Medio Oriente, che va per la maggiore nel nostro mercato, stanno fermano la richiesta. Si sta lavorando un po’ in altre parti del mondo, come quella asiatica, ma anche lì la domanda è calata parecchio. Si è passati da anni d’oro, con la Cina che fino a non molto tempo fa costruiva a dismisura, a tempi bui: ora la richiesta è calata drasticamente, il mercato americano dopo l’11 settembre è come se si fosse spento, sono cambiate tantissime cose, tutto è strettamente relazionato alle situazioni politiche estere. Spero che si riparta al più presto, ne abbiamo bisogno tutti”. Come avete affrontato e superato questa montagna di difficoltà? “Si cerca di economizzare il più possibile e purtroppo per piccoli imprenditori come noi è molto difficile, martoriati dalle tasse. Quando a novembre ci troviamo a dover pagare l’anticipo sul nuovo anno pensiamo a quanto sia un’assurdità, perché ogni anno è diverso. Il 2016 è partito subito male ma i soldi per le tasse vanno anticipati lo stesso e ti ritrovi a metà anno a dover economizzare su tutto. Il risultato, specialmente per chi ha dipendenti, è che questi ultimi rischiano di ritrovarsi da un momento all’altro a casa senza lavoro. La situazione è molto difficile e io non vorrei mai arrivare a tanto con mio cugino che lavora con me e ha famiglia. Fin che posso lo aiuterò, ma non sono tutti come me. Tanti miei colleghi stanno già adoperando il sistema dei contratti a chiamata o si rivolgono ad agenzie interinali. È un sistema parecchio malato quello del nostro Paese, difficile dire dove arriveremo. Queste situazioni mi spaventano perché andando avanti trovo sempre peggioramenti: nel mondo del lavoro si sentono sempre tante belle promesse, belle parole ma pochi fatti”. Una curiosità: il “carico più prezioso che ha trasportato? “Oggi un blocco di marmo statuario, cioè il più pregiato, può arrivare a costare anche 150mila euro”.