L’Italia della logistica ha innestato la retromarcia: una pessima notizia per l’intero Paese e in particolare per coloro che, per anni, si sono distinti nel definirsi il cervello con il quale il Governo deve dialogare nel mondo del trasporto e della logistica. I dati elaborati dagli esperti della Banca Mondiale, a cui fanno capo la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo e l’Agenzia internazionale per lo sviluppo, ci dicono che l’Italia si colloca al 21esimo posto nell’indice di performance logistica, al 19esimo posto nella dotazione infrastrutturale, al 17esimo nelle spedizioni internazionali e al 22esimo posto per quanto riguarda i tempi di spedizione, mentre sul fronte tecnologico siamo retrocessi dal 14esimo al 20esimo posto. Una brutta notizia che ora fanno finta di non ricordare in molti fra coloro che si sono pronunciati in senso negativo sui corridoi doganali e che in questi anni hanno sostenuto politiche che miravano a dividere invece che unire il mondo dei trasporti. Finti smemorati che ora contestano le conseguenze negative per l’intera economia italiana messe in evidenza dalla Banca Mondiale e che fingono di non vedere neppure l’unica strada da seguire, indicata chiaramente anche da Carlo Mearelli, presidente di Assologistica: lavorare tutti perché l’Italia possa “traguardare una posizione che la veda tra i primi 10 Paesi nel mondo”. Per raggiungere l’obiettivo occorre ovviamente che le manovre decise fin qui dal Governo possano proseguire e svilupparsi con determinazione e convinzione. La domanda dalla quale partire è che idea di Paese si vuole: ha senso investire su 15 Autorità portuali, destinare risorse per avere due aeroporti in Calabria, non definire quali interporti siano strategici e necessari? Certo occorre coraggio e capacità di scelta, ma probabilmente sono in moltissimi nel Belpaese, a partire da Conftrasporto, pronti a sostenere scelte coraggiose. Occorre confrontarsi con i dati forniti dalla Banca Mondiale e dare vita a un sistema logistico funzionale in grado di coniugare competitività, sicurezza e occupazione. Lo Stato destina risorse e deve pretendere che queste producano dei ritorni positivi all’intero sistema Paese. Ecco perché occorre una presenza in sede comunitaria adeguata, capace di tutelare i nostri interessi e di far assumere all’Europa decisioni rapide affinché i tentativi di bypassare l’Italia sia via mare sia attraverso il corridoio balcanico, e che si stanno delineando sempre più in modo evidente come conferma il nuovo ruolo del porto del Pireo, possano essere contrastati con una nuova politica della logistica e dei trasporti.