Stravolto il progetto iniziale, Pecoraro Scanio racconta la mutazione del Sistri

“Il nobile intento iniziale con cui partì il Sistri era quello di monitorare i rifiuti pericolosi. Poi ha subito una mutazione transgenica, e quello che doveva essere un cane da guardia è diventato un ippopotamo”. Lo dice, in un’intervista all’Ansa, l’ex ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, che ripercorre la storia del Sistri, finito al centro dell’attenzione per l’inchiesta che ha portato ad arresti e sequestri (clicca qui), passando anche dallo scottante tema del segreto di Stato. “Il segreto di Stato”, ha spiegato Pecoraro Scanio, “fu chiesto all’inizio dalle autorità per ragioni di sicurezza perché il Sistema era utile a contrastare la criminalità organizzata, e serviva la massima cautela”. Per questo, afferma l’ex ministro, “ho ritenuto che non potessi non aderire alla richiesta che mi arrivava dai carabinieri del Noe”.

E, rispetto a quanto sta emergendo dalle inchieste della Magistratura, Pecoraro dice che non poteva “minimamente immaginare che ne venisse fatto un uso diverso, di quel segreto”. Tornando ai tempi della Finanziaria 2007, votata dal Parlamento nel dicembre 2006, Pecoraro ricorda che in un articolo – contemplato nella norma che apriva la strada al Sistri – si diceva di “realizzare un sistema integrato per il controllo e la tracciabilità dei rifiuti in funzione della sicurezza nazionale, della prevenzione e repressione dei gravi fenomeni di criminalità organizzata nell’ambito dello smaltimento illecito di rifiuti”. Quella norma, spiega ancora, “nasceva da un lavoro istruttorio dei tecnici e ricevette l’avallo del Parlamento”. Poi, “quando non ero più ministro il Sistema, che veniva considerato uno strumento utile di contrasto alle Ecomafie, è stato ampliato; le aziende coinvolte da 5.000 diventarono 600.000. Non entro nel merito ma sicuramente è stato stravolto il progetto iniziale. Nel 2007 anche i costi ipotetici erano più contenuti: 5 milioni sulla carta. Tra l’altro – prosegue l’ex ministro – il Sistri aveva ricevuto” anche il placet di “Gianfranco Amendola, uno dei magistrati con la maggior esperienza in Italia sul traffico dei rifiuti e una delle personalità con cui mi consigliavo al ministero”. Quello che è successo dopo, conclude Pecoraro, “non avendolo gestito, l’ho appreso sui giornali”.