A causa dell’aumento delle tasse di ancoraggio e sull’imbarco e sbarco delle merci nei porti i grandi gruppi armatoriali internazionali potrebbero allontanarsi dall’Italia. L’allarme viene lanciato da Confetra, la Confederazione generale dei trasporti e della logistica, alla luce di un decreto interministeriale Trasporti-Finanze che ha adeguato gli importi dei tributi portuali, fermi dal 1993. Ma da quest’anno le cose cambiano, con un aumento delle tasse del 30 per cento e di un ulteriore 15 per cento nel 2014.
L’inasprimento, sottolinea Confetra, “potrà essere in parte attenuato dalle Autorità portuali che decideranno di avvalersi della facoltà di diminuire fino all’azzeramento l’importo delle tasse. Una scelta che fino ad oggi è stata operata dai porti di transhipment di Taranto e Gioia Tauro per scongiurare la fuga dei traffici verso i porti del nord Africa ed europei più competitivi. Facoltà che peraltro è prevista in via transitoria e che la legge di Stabilità ha prorogato solo fino al 30 giugno 2013”.
“La riforma portuale, compreso l’aspetto della tassazione nei porti”, dichiara il presidente della Confetra, Fausto Forti, “è uno dei grandi temi di politica dei trasporti che la Confetra sottoporrà al nuovo Governo”.
Facendo degli esempi pratici, la tassa di ancoraggio mensile per una nave da 8.000 container di circa 100.000 tonnellate di stazza passa da 72mila a 93mila euro nel 2013 e a 104mila euro nel 2014. Per l’abbonamento annuale, la tassa passa da 158mila a 204mila euro nel 2013 e a 228mila euro nel 2014. Per le portacontainer in servizio di transhipment di traffico internazionale, la tassa per ogni singolo scalo passa da 13mila a 17mila euro nel 2013, per arrivare a 19mila euro nel 2014. Per i porti si stima un gettito maggiore di 60 milioni di euro.