Oltre sei imprese di autotrasporto e della portualità su cento in Italia continuano a subire la pressione della criminalità. Una pressione che ha spinto il 3,4 per cento delle imprese a considerare il trasferimento, la cessione, o addirittura la chiusura della propria attività a causa del rischio di subire rapine, furti o estorsioni, mentre lo 0,8 per cento delle imprese si è già arresa alla criminalità e ha già deciso di trasferire altrove, cedere o chiudere la propria attività.
I dati emergono da un’indagine realizzata da Fai Conftrasporto in collaborazione con Format ricerche di mercato sull’impatto della criminalità sulla competitività delle imprese del trasporto e degli operatori portuali (terminalisti e spedizionieri) ed effettuata su tutta la filiera del trasporto e della logistica, ossia sia sulle imprese che erogano i servizi di trasporto, sia sulle imprese che utilizzano tali servizi, ovvero la committenza. Tra le iniziative ritenute più efficaci per contrastare i fenomeni criminali, oltre il 60 per cento delle imprese chiede pene più severe e certezza della pena, mentre per il 51 per cento del campione è necessaria una maggiore collaborazione sul territorio tra imprese e forze dell’ordine. In attesa di poter contare su più condanne e più controlli, intanto le soluzioni alle quali le imprese hanno fatto maggiore ricorso sono stati i sistemi di localizzazione satellitari e i sistemi di allarme nei mezzi di trasporto e nei magazzini.
Per il presidente di Fai Conftrasporto, Paolo Uggè, “l’indagine conferma la necessità di proseguire l’impegno da tempo avviato con istituzioni e forze dell’ordine lungo tre assi principali: una sempre maggiore diffusione della cultura della legalità, la prevenzione delle infiltrazioni mafiose nell’economia, l’adozione di iniziative per creare un contesto sicuro per le imprese, soprattutto quelle operanti in ambiti più sensibili o esposti. Obiettivo al cui raggiungimento mira anche il recente protocollo siglato con il ministro Maroni per rendere immediatamente operativi, a cominciare proprio dal settore dei trasporti, quegli strumenti di deterrenza senza i quali non si può mantenere alta la tensione contro le diverse forme di criminalità. In particolare, il mancato rispetto delle norme sui costi minimi e la verifica sulla chiusura dell’impresa seguita, a breve tempo, dalla riapertura sotto nuove vesti da parte dei medesimi soggetti, o da persone ad essi collegate, che nella prima occupavano incarichi di vertice. Situazioni che nascondono evidenti irregolarità come il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza e il ricorso a finanziamenti, mancati pagamenti o giri di fatture con l’obiettivo di ‘lavare denaro’. L’auspicio”, ha concluso Uggè, “è che anche tutte le altre organizzazioni impegnate nella lotta all’infiltrazione della malavita nel settore, e quindi sensibili al tema, si riconoscano in questa iniziativa, la prima riguardante il mondo del trasporto, anche con una sottoscrizione al protocollo Conftrasporto Confcommercio”.