Mercato dell’auto, crisi
e rilancio verso l’Est Europa

La crisi dell’auto contagia anche la russa Avtovaz che, dopo gli aiuti statali e la riduzione dell’orario di lavoro, ha annunciato tagli occupazionali di ben 27mila dipendenti, un quarto del totale. “L’azienda che ha in Togliattigrad uno dei suoi centri di produzione più importante, potrebbe essere uno dei partner dell’operazione che ha portato i canadesi di Magna al controllo di Opel”, ha scritto venerdì il quotidiano Repubblica.
“L’annuncio fatto dai vertici della società automobilistica allarma anche il governo di Mosca che ha chiesto che i licenziamenti (che coinvolgeranno anche 5mila manager) avvengano almeno a tappe. Da parte sua, Avtovaz ha tenuto a sottolineare come i tagli siano inferiori ai 36mila previsti in origine sui i 100mila dipendenti totali del gruppo”, si legge ancora su Repubblica.
Ma se Avtovaz, vincitrice del braccio di ferro con Fiat per l’acquisizione di Opel, deve tagliare pesantemente, la casa torinese prova a conquistare un Paese un tempo molto vicino all’ex Unione Sovietica, la Serbia, un punto di partenza per vendere migliaia di auto nell’Est europeo. Chi produce in Serbia può esportare senza pagare dazi verso importanti Paesi quali gli stati dell’ex Jugoslavia, la Turchia, la Bielorussia e la stessa Russia, un mercato di 800 milioni di persone.
Fra cinque o al massimo sei settimane, come ha scritto venerdì La Stampa, partirà il progetto per la produzione di un nuovo modello Fiat negli stabilimenti serbi di Kragujevac dove già si produce la Punto Classic; probabilmente una city car low cost, con un investimento di 800 milioni di euro. “Lo ha annunciato a Belgrado”,  aggiunge La Stampa, “il ministro dell’Economia e vice primo ministro serbo all’apertura del Forum sugli investimenti in Serbia insieme col vice ministro allo Sviluppo economico Adolfo Urso. La produzione comincerà fra un paio d’anni”.
Un progetto che dovrebbe favorire, secondo le autorità serbe, anche l’indotto. “L’intesa con la Fiat è di straordinario interesse per l’Italia e l’economia serba. Quella sull’indotto consente un ulteriore salto di qualità”, ha commentato a La Stampa il viceministro allo Sviluppo Economico, Adolfo Urso, che è convinto che la Serbia possa essere una sorta di “cavallo di Troia” per l’azienda italiana dell’auto per entrare prepotentemente nell’Est d’Europa. In Italia fanno capo all’indotto auto circa 300 aziende, con 350mila occupati.
Sono undici le imprese interessate a investimenti in Serbia: Magneti Marelli, Sigit, Delphi, Proma, Sbe, Adler, Toscana Gomma, Faurecia, Lear, Johnson Controls e Axcent. “Chi investe riceverà dal governo serbo fra i 4 e i 5.000 euro per ogni nuovo posto di lavoro; se l’investimento sarà superiore a 8 milioni e darà lavoro a più di 100 persone, per un certo periodo non si pagheranno tasse. Belgrado garantirà inoltre il terreno gratis per gli impianti. Intese simili riguarderanno altri settori, dal tessile al calzaturiero, dall’arredamento all’agroalimentare”, si legge sempre su La Stampa.