Le più importanti imprese di autotrasporto italiane costrette a fuggire all’estero, migliaia di dipendenti rimasti in Italia senza più un lavoro e destinati ad andare ad allungare la già chilometrica lista di cassintegrati, migliaia di piccole imprese rappresentanti l’indotto (basti pensare a officine meccaniche carrozzerie, gommisti….) rimaste senza commesse e costrette a loro volta a chiudere. E’ uno scenario da incubo quello che si prospetta nel mondo dell’autotrasporto italiano se il Governo non dovesse intervenire, in tempi rapidissimi, con una manovra mirata per aiutare un settore ormai sull’orlo del collasso. Dopo l’allarme lanciato ieri da Eleuterio Arcese, imprenditore a capo dell’omonimo gruppo che vanta una flotta di oltre mille mezzi pesanti e altrettanti dipendenti nel nostro Paese, pronto ad abbandonare l’Italia (“dove non esistono più le condizioni per poter lavorare senza essere sopraffatti dalla concorrenza straniera e da quella fuorilegge”, ha dichiarato senza mezzi termini) per trasferire ogni attività oltre confine, oggi Luciano Bergadano, a nome del gruppo Gavio, un altro colosso dell’autotrasporto italiano (oltre 1500 mezzi pesanti e più di 3000 dipendenti) ha confermato la possibilità che anche il suo gruppo si possa trovare costretto a valutare l’ipotesi di trasferire l’attività all’estero. “Non posso che sottoscrivere ogni parola detta da Eleuterio Arcese, la situazione per le aziende che operano oggi nel settore dell’autotrasporto è divenuta assolutamente insostenibile, e senza immediati interventi non posso escludere che anche altre aziende possano seguire l’esempio”, conferma Luciano Bergadano. “Il gruppo Gavio in condizioni normali sarebbe felicissimo di poter continuare a lavorare in Italia, cosa che del resto ha ampiamente dimostrato con i fatti fino a oggi continuando a investire nella flotta mezzi, privilegiando la sicurezza, la tutela dell’ambiente, la qualità della vita dei propri dipendenti. Ma oggi il Governo, rinviando scelte che erano già divenute irrimandabili mesi fa, spalancando di fatto le porte a una concorrenza, spesso straniera, e ancor più spesso sleale e addirittura fuorilegge, sta costringendo molti operatori a prendere decisioni negative per lo sviluppo del Paese”. Sulle manovre immediate che il Governo dovrebbe attuare per frenare la possibile emorragia di imprese del settore, in fuga verso Paesi dove “si possa continuare a lavorare senza rimetterci”, Luciano Bergadano ha le idee chiarissime. ” La proposta avanzata nei giorni scorsi a Roma, nel corso dell’incontro al ministero dei Trasporti dal presidente nazionale di Fai Conftrasporto Paolo Uggè (una moratoria contributiva di sei mesi nei quali le imprese non verserebbero i contributi agli enti previdenziali e altrettanto accadrebbe per i lavoratori) è la strada da seguire. Forse può sembrare la più difficoltosa, ma è la più giusta. Paolo Uggè, che non dimentichiamolo ha ricoperto l’incarico di sottosegretario ai Trasporti nel primo Governo Berlusconi, dimostrando quanto sia importante avere dei politici competenti che provengono da una realtà di cui conoscono i veri problemi e le possibili soluzioni, a volte facendo anche risparmiare soldi alla costosissima macchina della politica , ha dimostrato una volta di più che avendo competenza specifica è possibile trovare le soluzioni”. E alla classe politica italiana Luciano Bergadano, amministratore di Transider Trasporti di Novi Ligure, società del gruppo Gavio che occupa un centinaio di dipendenti, manda un invito ben chiaro affinchè le richieste avanzate dalla categoria possano essere accolte in tempi rapidi, trovando tutti insieme una via d’uscita. “Le istituzioni devono difenderci, e subito, da questo “mal trasporto”, da un autentico Far West in cui ci sono aziende che usano personale estero e che usano mezzi non regolari, soprattutto nei trasporti ecezionali, applicando tariffe stracciate e portandoci via il lavoro. Questo, in un Paese normale, vuol dire concorrenza sleale, con personale non qualificato, Tir vecchi e non sottoposti a una corretta manutenzione che dunque possono causare gravissimi incidenti, feriti, morti. E’ inutile parlare di sicurezza e poi non combattere chi sulle strade manda decine, centinaia, migliaia di camion che rappresentano un pericolo per tutti. Lo ripeto: il gruppo Gavio negli ultimi anni ( e ancora oggi nonostante il perdurare della crisi) ha sempre investito in sicurezza, riammodernando le flotte, acquistando mezzi che riducano il consumo di carburante e dunque l’inquinamento. E ora tutti i nostri sforzi vengono vanificati, concedendo di lavorare tranquillamente a imprenditori che mettono al volante di camion insicuri autisti impreparati, sovraccaricando i mezzi all’inverosimile. Già, perché chi è nel settore sa perfettamente, vede ogni giorno cosa accade nelle aziende dove i camion vengono caricati. E questo conduce a un altro problema, quello della mancanza dei controlli, non solo su strada, sui mezzi, ma anche nelle aziende, presso i committenti”. Ovvero in tutta la filiera, come richiesto a più riprese nei mesi scorsi dalla stessa Fai Conftrasporto al Governo. Richieste rimaste, ancora una volta inascoltate. “Checchè se ne dica, i controlli sono diminuiti e gli addetti ai lavori questo lo sanno benissimo” sottolinea Luciano Bergadano, “così come sanno e ricordano benissimo che anni addietro i controlli non solo erano aumentati ma soprattutto erano mirati. Venivano controllati i documenti, si scopriva il lavoro sommerso, si smascheravano le mancate revisioni. Oggi purtroppo è il Far West, invece dei controlli veri, per i quali occorre un’ora buona di lavoro da parte di agenti della polizia o dei carabinieri, si fanno controlli lampo, quelli che servono solo per alimentare le statistiche, per dire abbiamo controllato tot numero di camion. E sì che non servirebbe molto per attuare controlli seri. Con le moderne tecnologie (e le persone competenti in materia di autotrasporto pronte ad affiancare ministri e comandanti della polizia) sarebbe semplice realizzare e gestire una banca dati in cui segnalare le imprese a rischio e organizzare controlli “veri”, di quelli che durano un’ora, a tappeto. Invece migliaia di imprese continuano a lavorare nell’illegalità e intanto nell’opinione pubblica tutti i trasportatori, compresi i migliori, continuano a passare per quelli che causano incidenti e morti, i “tirroristi”. Ma anche per coloro che vogliono solo creare problemi alle gente, bloccando il trasporto, la consegna delle merci nei negozi…” Nuove manifestazioni sono all’orizzonte, così come la possibilità che nuove imprese cessino l’attività in Italia per trasferirla altrove… “Sia quest’ultima possibilità, che credo sia stata valutata negli ultimi mesi non solo da Arcese ma da moltissime altre imprese, sia nuove manifestazioni che nessuno di noi si augura avvenga, proprio per non creare disagi a milioni di italiani incolpevoli, non sarebbero ipotesi realisticamente concrete se il Governo si fosse deciso ad agire. E la prima mossa potrebbe essere proprio quella suggerita da Paolo Uggè, la moratoria a tempo sui contributi, senza dimenticare che la categoria attende una risposta concreta agli emendamenti presentati dall’inizio dell’anno. Tutto qQuesto consentirebbe alle aziende di avere liquidità per fare nuovi investimenti per avere camion più sicuri e allo stesso tempo significherebbe per lo Stato non continuare a creare solo nuova cassa integrazione, una scelta perdente che rappresenta solo un passivo, un danno per tutti (guardare il debito pubblico per credere). Inoltre avere maggiore liquidità disponibile anche per i dipendenti significherebbe rimettere in circolo denaro, far ripartire l’acquisto dei consumi. Insomma, far ripartire la macchina economica. Senza dimenticare un aspetto importantissimo: il denaro speso oggi con la cassa integrazione potrebbe essere utilizzato per realizzare nuovi lavori pubblici (che creerebbero occupazione) realizzando le infrastrutture, che servono al mondo dell’autotrasporto e all’intero Paese”.