La sicurezza è come l’aria: te ne accorgi quando manca. Peccato che quando te ne accorgi sia, quasi sempre, troppo tardi. Ed è un peccato anche che a non mancare siano i fiumi di parole pronunciate a sproposito, solo per riempire la carta stampata, i tele e radio giornali: dichiarazioni, proposte (anche la più strampalate) che trovano puntualmente spazio in quelle che vengono, forse impropriamente, chiamate trasmissioni di approfondimento ma che in realtà non contribuiscono a fare un minimo di chiarezza.
Le proposte si sprecano e trovano ampi spazi ogni qualvolta succedono tragedie che coinvolgono persone, come nel caso del disastro ferroviario di Viareggio. Poi più nulla. Ipocriti e deplorevoli esempi di una sottocultura della sicurezza, così come deplorevoli sono i tentativi che, solo per ragioni di bassa demagogia, forze ambientaliste o di opposizione mettono in atto per chiamare in causa chi governa il Paese.
Gli autori evidentemente dimenticano o di aver essere stati al Governo o, peggio ancora, di aver sempre operato per impedire le opere di ammodernamento del sistema trasportistico italiano (si ricordano gli ambientalisti le manifestazioni contro il treno superveloce da loro definito il “vero mostro di Firenze”?)
Sono queste sciocche, anacronistiche, demagogiche opposizioni allo sviluppo delle infrastrutture le principali ragioni che concorrono pesantemente a determinare sia gli incidenti ferroviari (che in ogni occasione tagliano in due il Paese, come dimostrato dai due incidenti avvenuti nelle ultime settimane), sia quelli stradali, che hanno ripercussioni sulla mobilità dei cittadini.
Diverso, invece, è il discorso per quanto riguarda la questione sicurezza e controlli. La Conftrasporto non rinuncerà mai a sostenere quanto il binomio sicurezza – controlli sia inscindibile.
Dalla tragica vicenda di Viareggio alcuni elementi emergono in tutta la loro evidenza, a cominciare dall’equivalenza trasporto ferro uguale sicurezza che, soprattutto se si trasportano merci pericolose, non è affatto reale. Anche perché se è vero che gli incidenti possono verificarsi anche per eventi imprevedibili e che non sempre le responsabilità devono essere imputate a qualcuno – esiste sempre la fatalità – è altrettanto certo che la liberalizzazione senza regole e in modo particolare l’assenza di un sistema di controllo aumentano i fattori di rischio. In merito alla tragedia di Viareggio sembra che il carro ferroviario che ha originato il disastro fosse stato controllato, come risulta dalle dichiarazioni di autocertificazione rilasciate dai proprietari. Roberto Castelli viceministro alle Infrastrutture e Trasporti, ha quindi pienamente ragione nel sostenere che non si possa consentire, su questioni rilevanti per la sicurezza della collettività, che si determinino delle incertezze atte a consentire palleggiamenti nell’attribuzione delle responsabilità.
La soluzione è dunque prevedere un sistema di controlli che eviti la circolazione sulle reti nazionali di carri non adeguatamente verificati e la previsione di precise responsabilità.
C’è poi una seconda riflessione da fare e cioè che il trasporto delle merci pericolose deve assolutamente evitare l’attraversamento delle stazioni situate in prossimità di centri cittadini. Conftrasporto più volte e con precise e documentate argomentazioni ha evidenziato il rischi connessi al trasporto di merci pericolose su rotaia. Per fare un esempio,
se i vagoni coinvolti nella tragedia a Viareggio avessero trasportato acido fluoridrico, il risultato sarebbe stata l’evacuazione di una zona molto più vasta e lo stravolgimento dei ritmi di vita per decine di migliaia di cittadini. Fatto questo già verificatosi in altri Stati dove gli spazi sono, oltretutto, certamente più ampi.
Le merci da trasferire su ferrovia sono dunque quelle sulle lunghe distanze lontano dai centri urbani in modo da ridurre al minimo indispensabile le operazioni di trasferimento delle merci dalla ferrovia al mezzo stradale che deve effettuare la consegna a destino.
Un’ultima constatazione: dalla tragedia di Viareggio emerge come la questione sicurezza e trasporti debba essere affrontata secondo una logica di sistema, come la protezione civile, non come materia suddivisa tra singoli ministeri.
L’augurio è che, finita l’emergenza, la politica politicante abbia ancora una volta il sopravvento e si torni a parlare di un tema che potrebbe coinvolgere la vita di ognuno solo alla prossima e certa sciagura.
Paolo Ugge