Importavano dall’estero oli lubrificanti e li utilizzavano come gasolio, evitando in questo modo di pagare Iva e accise. Dopo due anni di indagini, la Guardia di Finanza ha concluso l’operazione “CocktOIL” che ha consentito di smantellare un’associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di prodotti petroliferi e alla commissione di vari reati tributari e fallimentari che operava tramite due impianti di distribuzione di prodotti petroliferi gestiti da altrettanti consorzi di autotrasporto di merci su strada con sede a Fontevivo, in provincia di Parma. Diciotto le persone denunciate, di cui cinque agli arresti domiciliari.
Il meccanismo prevedeva l’introduzione “in Italia di prodotti energetici classificati come “oli lubrificanti”, fiscalmente assoggettati alla sola imposta di consumo, ma di fatto utilizzabili anche per l’autotrazione alla stessa stregua del gasolio che, tuttavia, per lo specifico uso, sconta il pagamento sia dell’Iva sia delle accise”, con un’incidenza sul prezzo finale di circa il 70 per cento, spiega la Guardia di Finanza. Tra il 2014 e il 2015, i due consorzi “hanno operato – tramite intermediari commerciali di comodo – acquistando partite di olio lubrificante in diversi Paesi comunitari, in genere dell’Europa centro-orientale, dove tale prodotto non è assoggettato ad imposta di consumo”. “La merce raggiungeva l’Italia in regime di “transito”, scortata da documenti, non monitorati dal sistema comunitario, che attestavano una fittizia destinazione in un altro Paese dell’Unione (in genere Grecia, Cipro e Malta). Giunto in Italia, il conducente dell’autocisterna riceveva dall’organizzazione un falso Documento di Accompagnamento Semplificato (DAS), da cui risultava un trasporto di gasolio nonché, quale provenienza e destinazione, due vere e proprie società “cartiere”, di fatto inesistenti”. In questo modo, il prodotto arrivava a Fontevivo dove veniva scaricato e utilizzato evadendo completamente l’imposta. Per regolarizzare la contabilità, venivano adottati vari espedienti, “tra i quali l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti emesse da società “cartiere” compiacenti nonché l’annotazione e la conservazione dei DAS falsificati”. A partire dal 2015, spiega sempre la Guardia di Finanza, “per ridurre i rischi derivanti dai molteplici passaggi intermedi”, l’associazione ha modificato il meccanismo illecito, rifornendosi di partite di olio lubrificante, del tipo SN80, direttamente nelle raffinerie nazionali. Il prodotto, formalmente, era acquistato tramite la fittizia intermediazione commerciale di società dell’est Europa e destinato ad altri operatori dell’Unione Europea, così da legittimare l’estrazione dalla raffineria senza versamento dell’imposta di consumo né addebito dell’Iva in fattura. In realtà, l’olio – “scortato da un semplice documento di trasporto non monitorato telematicamente a livello comunitario” – non andava all’estero, ma finiva nel Parmense. Dalle indagini è emerso che “l’associazione criminale ha immesso fraudolentemente in consumo circa 5,4 milioni di litri di prodotto energetico, evadendo circa 7 milioni di euro per quanto concerne le Imposte Dirette, l’Iva e l’Irap, nonché 5 milioni di euro di accise”. Inoltre, l’associazione “si è resa responsabile del fallimento di uno dei due consorzi coinvolti, con il precipuo scopo di non assolvere agli oneri tributari e sottrarsi al pagamento di quanto dovuto”. Le cinque ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emesse dal Gip del Tribunale di Parma su richiesta della Procura della Repubblica, sono state eseguite dalle Fiamme Gialle nei confronti dei principali responsabili del sodalizio, tutti di nazionalità italiana, residenti tra Parma e la Lombardia e con numerosi precedenti penali, anche specifici. Ulteriori 13 persone, con ruoli minori nell’attività illecita, sono state denunciate a piede libero. Gravi i reati contestati: associazione a delinquere finalizzata alla sottrazione al pagamento delle accise sugli oli minerali e alla commissione di reati tributari e fallimentari, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e falsificazione di documenti. Tre società ed i relativi complessi aziendali sono stati sottoposti a sequestro preventivo. Nei confronti di cinque degli indagati, spiega la Gdf, “è stato inoltre operato il sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, di beni e disponibilità finanziarie per un importo complessivo pari a circa 3,5 milioni di euro”.