Più di 200 persone, tra cui sindaci, assessori e comandanti delle Polizie municipali, sono indagate nel Casertano per presunte irregolarità relative agli autovelox e altri macchinari simili. L’indagine ha messo in luce un sistema “creato dai Comuni e dalle società che, in violazione di legge, rappresentava un modo di facile, ingiusto e rilevante profitto”. Secondo l’accusa, Comuni e ditte avevano creato un modo facile per fare soldi, ritoccando le immagini inviate agli automobilisti.
Le condotte contestate relative agli autovelox riguardano le modalità di affidamento del servizio da parte dei Comuni alle ditte private, la non corretta indicazione in bilancio delle somme provento delle sanzioni, le illecite modalità di rilevazione delle infrazioni, l’omessa comunicazione alle competenti autorità delle infrazioni per il decurtamento dei punti e illeciti nel trattamento dei dati personali. Diversi i reati contestati: truffa, abuso d’ufficio, turbata libertà degli incanti, falsità ideologica commessa da un pubblico ufficiale in atti pubblici, rifiuto e omissione di atti d’ufficio, oltre alla soppressione, alla distruzione e all’occultamento di atti veri e alla violazione del codice della privacy per il trattamento dei dati personali.
L’inchiesta è stata avviata nel 2005 dai carabinieri di Capua, in seguito alle numerose denunce presentate dagli automobilisti. Agli indagati viene contestato di avere installato autovelox e photored senza uno studio sulla pericolosità e sull’intensità del traffico, spesso utilizzando degli stratagemmi per aumentare il numero delle multe. Gli autovelox, infatti, non venivano adeguatamente segnalati, erano nascosti tra gli alberi o posizionati dopo una curva e con una improvvisa variazione del limite di velocità previsto sulla stessa strada. Inoltre, la constatazione delle infrazioni attraverso i riscontri fotografici non veniva effettuata dai vigili urbani e, quindi, da un pubblico ufficiale ma da dipendenti delle stesse società che provvedevano anche a redigere i verbali ai quali, poi, apponevano la firma digitale di un vigile urbano.
Ma l’indagine non si è fermata a questi reati: ai vari amministratori comunali vengono infatti contestati anche gli accordi diretti presi con le ditte per l’installazione e il funzionamento delle apparecchiature, senza utilizzare i regolari bandi. Inoltre, i compensi alle ditte non erano fissi ma variavano in base alle sanzioni comminate. Sotto accusa anche l’iscrizione nel bilancio comunale di somme di denaro non corrispondenti all’effettiva entità degli introiti derivanti dalle sanzioni e il mancato impiego, come prescrive la legge, del 50 per cento delle somme riscosse per il miglioramento delle strade e per realizzare opere destinate alla sicurezza stradale nei singoli Comuni. Intanto, le somme incassate dai Comuni attraverso gli autovelox “truccati” sono state sequestrate.