Produrre e non poter trasportare che senso ha? Anche l’industria scopre lo scandalo ponti

L’allarme, inascoltato, è già stato lanciato dagli autotrasportatori. Il blocco di fatto delle autorizzazioni ai trasporti eccezionali sta paralizzando diverse attività. La burocrazia (clicca qui) sta seppellendo di carte le aziende, i divieti stanno tenendo fermi i vari prodotti. Ora l’allarme viene rilanciato da chi produce. Un ponte, vietato dall’Anas al transito dei carichi eccezionali superiori alle 88 tonnellate, sulla statale 12 dell’Abetone e del Brennero nel mantovano, “tiene in scacco l’intera industria della caldareria, che rischia di perdere commesse per milioni di euro”. 

Non solo. Il blocco, scrive Il Sole 24 Ore, “potrebbe causare un incidente diplomatico tra gli Emirati Arabi e l’Italia, per i forti ritardi nella consegna da parte di una grande impresa del settore, la Bono Sistemi di Peschiera Borromeo (Milano), di un gigantesco macchinario alla compagnia petrolifera locale Petrofac”. Il ponte in questione, il Molino, “è importantissimo perché consente a tutte le imprese della caldareria del Nord-Ovest di raggiungere Porto Marghera e spedire via nave questi giganteschi manufatti destinati all’industria chimica e petrolifera di tutto il mondo”, scrive Il Sole 24 Ore. E Porto Marghera è l’unico scalo dotato delle gru necessarie a sollevare questi impianti. Il Sole 24 Ore raccoglie anche le preoccupazioni di Bruno Fierro, presidente dell’associazione costruttori caldareria (Ucc) aderente a Confindustria, che parla di “problema gravissimo” e di “danni incalcolabili” per le imprese del settore “per il perdurare della mancate autorizzazioni ai trasporti eccezionali”. Le difficoltà, racconta Fierro, riguardano anche l’Autostrada del Brennero, che “sta negando le autorizzazioni sui sovrappassi di sua competenza per tutti i transiti superiori ai 170mila/175mila Kg. di massa globale”. Soluzioni tecniche non ce ne sono: il peso e le dimensioni dei manufatti, si legge su Il Sole 24 Ore, non si possono ridurre, “né ora né in futuro” e “non ci sono alternative neppure alla strada”, visto che – come osserva Bruno Fierro – “la sola alternativa potrebbe essere rappresentata dal fiume Po, ma non è percorribile, perché oggi il Po è in secca e quindi non è navigabile”. Per non parlare dei costi: “Un trasporto su strada”, spiega il presidente dell’Ucc che chiede l’intervento diretto del Governo, “costa circa 50 mila euro, mentre una spedizione via fiume raggiunge i 150mila euro”.