L’Antitrust multa Volkswagen per il dieselgate. Sanzione da 5 milioni di euro: “È il massimo”

La lunga scia delle multe legate al dieselgate è arrivata in Italia. Dopo la maxi sanzione Usa, Volkswagen è stata multata dall’Antitrust “per aver posto in essere una pratica commerciale scorretta”. Le cifre, però, sono decisamente diverse. L’accordo tra le autorità statunitensi e Volkswagen è costato alla casa costruttrice tedesca ben 14,7 miliardi di dollari, mentre la multa dell’Antitrust è di 5 milioni di euro, “il massimo edittale”, spiega l’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Le auto diesel per le quali è scattata la multa sono state messe sul mercato a partire dal 2009 e hanno codice identificativo EA189 EU 5, spiega l’Authority per la concorrenza. L’omologazione, si legge in una nota dell’Antitrust, “è stata ottenuta attraverso l’utilizzo di un software in grado di alterare artificiosamente il comportamento del veicolo durante i test di banco per il controllo delle emissioni inquinanti. Ciò al fine di fornire un risultato delle emissioni ossidi di azoto (NOx) più basso di quello ottenibile nella modalità che invece si attiva nel normale utilizzo del veicolo su strada. L’Autorità ha ritenuto tale condotta scorretta ai sensi del Codice del Consumo poiché gravemente contraria agli obblighi di diligenza professionale e idonea, altresì, a falsare in maniera rilevante il comportamento economico dei consumatori, inducendoli ad assumere una scelta di consumo che non avrebbero altrimenti preso qualora consapevoli delle reali caratteristiche dei veicoli acquistati”. Non solo: l’Antitrust ha “parimenti ritenuto scorretta la presenza, in vari cataloghi informativi diffusi dal Gruppo, di specifici green claims e messaggi pubblicitari che attribuiscono al produttore una particolare sensibilità ambientale o una specifica attenzione al livello delle emissioni inquinanti delle proprie autovetture. Secondo l’Antitrust tali messaggi, alla luce di quanto emerso nel corso del procedimento, sono suscettibili di indurre in errore i consumatori, con riferimento alla vocazione ambientale, alla responsabilità sociale rivendicata dal produttore, nonché alle affermazioni del rispetto delle normative vigenti in materia”.  Ma non è finita qui: secondo i media tedeschi, un tribunale avrebbe spianato la strada a un processo pilota che potrebbe costare quasi quattro miliardi.