Quelle previste nella bozza del decreto Clima circolata nei giorni scorsi sono misure insostenibili per industria mare: difendere l’ambiente e l’occupazione sono obiettivi in testa alle priorità degli armatori italiani, ma le ricette politiche che si stanno delineando in questi giorni vanno proprio nella direzione contraria. Ad affermarlo è Stefano Messina, presidente di Assarmatori, allarmato dalla proposta di un taglio lineare del 10 per cento di tutti i sussidi considerati ambientalmente dannosi, tra cui quelli inseriti per permettere al cluster marittimo italiano di superare una pesante crisi, rilanciare l’occupazione e tornare a essere competitivo con la concorrenza internazionale. Tagli che, afferma il presidente di Assarmatori,” avrebbero il solo risultato di colpire le imprese italiane, senza peraltro aiutare l’ambiente, visto che la maggioranza dei traffici nel Paese é operato da imprese che non sarebbero soggette a questa misura. In aperta contraddizione con i provvedimenti che si vorrebbero varare”, aggiunge Stefano Messina, “lo stesso ministero dell’Ambiente riconosce che il trasporto marittimo è la modalità energeticamente più efficiente e con minori costi esterni ambientali rispetto a tutte le altre, ma ciò evidentemente non è sufficiente per mettere al sicuro gli aiuti erogati al cluster. Genericamente si afferma che per mantenerli dovranno essere raggiunti imprecisati obiettivi di miglioramento ambientale nella gestione della nave, quando proprio lo shipping, forse in modo più marcato rispetto a qualsiasi altra modalità di trasporto, ha compiuto incontestabili passi in avanti sul tema compatibilità ambientale ed è attualmente impegnato in uno sforzo enorme che vedrà ridurre di ben sette volte, in un unico step, la quantità di zolfo contenuto nei combustibili con il massimo tenore di zolfo ammesso nei fuel navali che dal 1° gennaio 2020 passera’ dal 3,5 allo 0,5 per cento. I costi per questo passaggio”, sottolinea ancora il numero uno di Assarmatori, “sono ingentissimi e sono integralmente sostenuti dall’armamento, senza alcun onere per lo Stato”. Armamento per il quale, come non bastasse “si profila anche un’altra palese prova di totale non conoscenza dell’economia del mare: l’Inps, con una circolare del 6 settembre 2019 ha infatti modificato la precedente interpretazione del cosiddetto Decreto dignità, stabilendo che il contributo addizionale NASpI (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) che scatta a ogni rinnovo di un contratto di lavoro a tempo determinato si applica anche al settore marittimo. La misura, pensata per disincentivare le assunzioni a termine a favore di quelle a tempo indeterminato, prevede un aumento dello 0,5 per cento del contributo addizionale, pari all’1,4 per cento della retribuzione, che il datore di lavoro paga a conclusione di un contratto a tempo determinato e che serve a finanziare la NASpI. Peccato, però che il lavoro marittimo sia per sua natura temporaneo o stagionale e i marittimi in regime di continuità di rapporto di lavoro ovvero impiegati sempre dallo stesso unico armatore rappresentino una quota minima, mentre la stragrande maggioranza degli addetti è iscritta al cosiddetto Turno Particolare o al Turno Generale, una speciale lista presso gli uffici di Collocamento della Gente di Mare presso le Capitanerie di Porto, da cui obbligatoriamente gli armatori devono attingere per formare l’equipaggio delle proprie navi. E ogni contratto cessa all’atto dello sbarco del marittimo. Se a ogni nuova chiamata il contribuito NASpI dovesse aumentare dello 0,5 per cento (non è previsto alcun limite all’incremento) è facile comprendere come, in tempi brevissimi, i costi diventerebbero insostenibili per qualsiasi armatore, con il risultato finale di generare un’enorme sacca di disoccupazione alimentata da migliaia di marittimi senza lavoro, in conseguenza di una crisi strutturale dell’intero comparto, alla faccia del riconoscimento della sua strategicità per l’economia nazionale”. Per spiegare, a chi evidentemente ne ha scarsa conoscenza, le dinamiche dell”industria del mare”, Assarmatori si è detta pronta da subito, insieme alle altre associazioni di categoria e alle forze sociali, a confrontarsi con tutte le istituzioni interessate per trovare le soluzioni più coerenti ed efficaci per migliorare l’ambiente e sostenere l’occupazione, senza mettere in pericolo il settore marittimo e tutta l’economia nazionale”.