Strada Facendo

“Ministro Tremonti, le imprese faranno la loro parte a patto che…”

“Nessuno può chiamarsi fuori”. È stato questo il richiamo che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha lanciato da Washington, a margine della riunione dei Paesi più industrializzati. “Il debito italiano è cresciuto meno di quello di altri Paesi e i numeri dell’Italia non sono così negativi su occupazione e produzione”, ha aggiunto il ministro, sottolineando come “queste dipendano anche dagli industriali”. Affermazioni che il ministro ha fatto col chiaro intento di  stimolare l’impegno e le iniziative anche da parte degli imprenditori; affermazioni che il mondo del trasporto condivide in pieno e sulle quali  intende fornire alcuni spunti di riflessione. A cominciare dal ruolo della funzione logistica, strumento indispensabile per recuperare la competitività, soprattutto se si riuscirà a modificare la sua incidenza sul valore della produzione in Italia che oggi è pari al 20 /22 per cento, contro il 12/14 per cento dell’Europa. Fatti due conti, risultano 40 miliardi di euro di maggior costo per la nostra economia. Le imprese dell’autotrasporto riconoscono gli interventi del Governo in loro favore, ma, proprio per non vanificarli, ritengono che  siano indispensabili alcuni interventi. Tre sono facilmente realizzabili, senza costi per le casse dello Stato, e possono determinare condizioni di maggior competitività. Primo intervento: il Piano della logistica, predisposto dal sottosegretario ai Trasporti, Bartolomeo Giachino, dovrà divenire un documento vincolante per tutti. Per gestire questa ipotesi, oltre a istituire l’Autorità per la gestione delle acque (che dovrebbe  tutelare le risorse idriche impedendo possibili posizioni dominanti o abusi) sarà necessario adottare un’analoga soluzione anche per  il trasporto, la logistica e la sicurezza stradale, dando a una nuova Autorità il  potere di intervento e coordinamento, indispensabili per operare secondo una logica di sistema. Il secondo intervento: la riforma portuale, da realizzarsi rapidamente, concedendo l’autonomia finanziaria e individuando alcuni scali nei quali realizzare i collegamenti retroportuali per far decollare il combinato mare- terra ma anche su rotaia, oltre alle operazioni a valore aggiunto, quali  la manipolazione delle merci che sbarcano, l’assemblaggio e la gestione dei carichi per tipologia di merce o destinazione. Ricorrendo alla finanza di progetto, l’investimento a carico dello Stato sarebbe a costo zero: basterebbe dare ai privati regole snelle e certezze sul ritorno degli investimenti ed evitare che sulle loro proposte enti pubblici agiscano da concorrenti. Terzo e ultimo intervento: la liberalizzazione delle ferrovie passeggeri e merci, come chiede l’Unione europea. Le scelte in politica dei trasporti devono appartenere al ministro preposto e non a chi gestisce reti e fornisce i servizi. Tre linee d’azione che non costano, ma che potrebbero rappresentare  le prime risposte concrete per rilanciare l’economia e attribuire nel contempo maggior credibilità a chi chiede agli imprenditori di fare la propria parte.

Paolo Uggè, vicepresidente nazionale di Confcommercio, consigliere del Cnel e presidente nazionale di Fai Conftrasporto.

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