“La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia deve smettere di ingannare il Governo e i cittadini italiani sui costi minimi di sicurezza per il trasporto merci tentando di far credere che i costi minimi, se applicati (le parti sono infatti libere di applicarle o meno), porterebbero incrementi che farebbero perdere competitività alle merci nazionali. Un trasporto lungo un percorso di 300 chilometri, tanto per fare un esempio, potrebbe infatti subire un incremento di poche decine di euro, il che significherebbe moltissimo sotto il profilo della tutela della sicurezza e pochissimo sotto il profilo della possibile perdita di competitività. E ancor meno i costi minimi per la sicurezza peserebbero sulle tasche dei cittadini, delle massaie che fanno la spesa: su un chilo di prodotto acquistato in negozio dai consumatori un possibile aumento sarebbe infatti calcolabile in centesimi o addirittura in millesimi di euro. È questo il valore che attribuisce alla sicurezza e alla vita degli uomini la signora che governa Confindustria?”. A lanciare il nuovo duro attacco alla grande committenza è Paolo Uggè, presidente nazionale di Fai Conftrasporto e vicepresidente nazionale di Confcommercio, che alla vigilia dell’incontro in programma a Roma tra Governo e parti sociali alza decisamente i torni dello scontro invitando il Governo “a non farsi prendere in giro dalla presidente di Confindustria”.
“La liberalizzazione nel trasporto merci è già stata attuata nel 2005 e la presidente di Confindustria lo sa bene”, aggiunge Paolo Uggè. “I costi minimi sono solo parametri indicati dal Governo per dare dei riferimenti su quelli che sono i costi incomprimibili che derivano dall’applicazione delle leggi sulla sicurezza sociale e della circolazione. Dunque le liberalizzazioni sono altre nel campo dei trasporti, come per esempio le ferrovie. Ma la grande liberalizzatrice di Confindustria preferisce tacere così come ha taciuto, dopo che il Tar del Lazio nei giorni scorsi ha deciso di aumentare le giornate di divieto alla circolazione dei Tir riducendo la competitività del sistema produttivo nazionale su quella che invece rappresenta davvero, agli occhi di tutti, un’evidente e pesantissima perdita di competitività”.