La platea degli utenti dell’energia è composta da milioni di cittadini e di imprese che la utilizzano quotidianamente nelle sue varie forme e per vari scopi. Per usi civili, i 24 milioni di famiglie italiane consumano annualmente 68,4 terawattora di energia elettrica, 30,2 miliardi di metri cubi di gas naturale (i comuni serviti sono 6.500, le utenze sono 21,4 milioni), 2,2 milioni di tonnellate di Gpl (1,6 milioni di utenze con piccoli serbatoi, 25 milioni di bombole in circolazione, 640 comuni serviti da reti urbane Gpl), 2 milioni di tonnellate di gasolio per riscaldamento.
Ma i benefici per il sistema Paese che si determinano grazie alla filiera industriale della produzione energetica vanno oltre la fornitura di energia in sé. Il ‘dietro le quinte’ del settore energetico, realizzato dal Censis per conto di Confindustria Energia, ricostruisce il valore sociale generato. Il settore energetico produce un fatturato annuo che supera i 230 miliardi di euro, assorbe un’occupazione diretta di circa 118mila addetti, alimenta alcuni importanti settori collegati sia industriali (dall’impiantistica alle costruzioni, dalla siderurgia all’industria elettromeccanica) sia nei servizi (dalla progettazione ai trasporti, dalla ricerca alla formazione), realizza investimenti sul territorio per almeno 16 miliardi di euro l’anno, sperimenta continuamente nuove soluzioni tecnologiche per limitare le esternalità negative, produce un gettito fiscale considerevole per lo Stato, anche in termini di imposte indirette, come le accise, che nel 2008 ammontavano a oltre 23 miliardi di euro solo per l’autotrasporto. Ma l’analisi del Censis mette in luce due rischi potenziali. La farraginosità delle procedure autorizzative a livello nazionale e territoriale, insieme alla forte conflittualità locale innescata dalla realizzazione di nuove infrastrutture, possono determinare il blocco degli investimenti, sia nell’ambito dello sfruttamento delle risorse energetiche nazionali, sia in quello delle fonti rinnovabili. La carenza di adeguate politiche energetiche di medio-lungo termine può determinare un impoverimento tecnologico e delle competenze che storicamente in Italia ci sono state e continuano ad esserci, riducendo il Paese a mero importatore di prodotti e tecnologie.