In Italia non ci sono autisti di camion? C’è chi per trovarli la soluzione l’ha bella e pronta: prendere dei lavoratori di altri settori rimasti “a piedi” e “trasformarli” in camionisti. Facile a dirlo, molto più difficile a farsi, come dimostra anche il caso della multinazionale Whirlpool, che dopo aver chiuso lo stabilimento di Napoli ha pensato di proporre agli operai in esubero un contributo di seimila euro per aiutarli a conseguire le patenti “professionali” indispensabili e così riconvertirsi in autisti di veicoli industriali. Una possibile soluzione per almeno una parte dei 340 dipendenti che potrebbero teoricamente mettersi alla guida di un veicolo industriale ma che è subito apparsa difficilissima, se non addirittura impossibile, da percorrere. Per la semplice ragione che se “sulla carta” trasformare un operaio, magari di 50 anni o più, in un “camionista” può apparire semplice nella realtà è tutt’altra cosa. Come del resto sembra, almeno per ora, confermare proprio lo stesso “caso Whirlpool” di Napoli” dove nessun lavoratore avrebbe avanzato la sua candidatura per ottenere il contributo per conseguire la patente da conducente di camion. Forse perché il camionista non è un lavoro che ci invente ma che può fare solo chi ha passione e, soprattutto, non ha nessuna paura di fare sacrifici anche pesantissimi? O forse perché, nonostante le denunce di qualche imprenditore del settore che non riuscirebbe a trovare conducenti neppure offrendo lauti stipendi, la verità è che il camionista non viene pagato quanto meriterebbe?