La verità ha “covato” sotto le ceneri di un incendio per sette anni, ma alla fine è emersa: il rogo che nel febbraio del 2014 a Seriate, alle porte di Bergamo, aveva distrutto decine di camion di una ditta di trasporti era stato appiccato dai titolari di un’impresa concorrente decisi a usare ogni mezzo per ostacolarne l’attività. Una “verità” che rappresenta solamente un capitolo di una storia di malavita dietro le quinte del mondo del trasporto merci, “scritta” fra Bergamo e la Calabria, portata alla luce dai carabinieri del Comando provinciale di Bergamo che su ordine del Tribunale di Brescia, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, hanno messo in custodia cautelare 13 persone, sospettate di essere legate a un clan della ‘Ndrangheta, con accuse che vanno dall’estorsione all’ usura, alla detenzione illegale di armi da fuoco, al riciclaggio di denaro e alla bancarotta fraudolenta. Persone, in parte originari della provincia di Bergamo e in parte di quella di Crotone, che avrebbero ideato, organizzato e gestito un sistema di estorsioni nell’ambito del campo dei trasporti di merce oltre a realizzare un meccanismo di false acquisizioni societarie, fallimenti fraudolenti, fornitura di prestiti a tasso usuraio e reimpiego di capitali illeciti. Senza alcun timore di presentarsi nell’ufficio di un autotrasportatore, come si legge negli atti dell’indagine, minacciandolo e imponendogli un numero limitato di clienti, con l’obiettivo di avere il controllo di un vero e proprio “cartello” nel settore dei trasporti dei mezzi pesanti. “Missione” quest’ultima, affidata al proprietario di una ditta di trasporti della provincia “scortato”, in perfetto stile mafioso, da uomini appartenenti a un noto clan calabrese. Esponenti della n’drangheta che, accusano gli investigatori, “al fine di inserirsi nel mercato con la complicità dell’imprenditore locale avrebbero messo in piedi un complicato sistema di acquisizione fittizia di una ditta di trasporti, al fine di poter operare in prima persona all’interno del settore e, soprattutto, per poter riciclare soldi provento di illecite attività. Societa’ che poi, successivamente, veniva sarebbe stata fatta fallire in maniera fraudolenta.”. Gli uomini del clan, inoltre, dopo essersi trasferiti definitivamente in provincia di Bergamo avrebbero creato un sistema di prestiti con tasso usuraio e, in un caso specifico, a fronte di un prestito elargito a un imprenditore, avrebbero ottenuto, in maniera sproporzionata rispetto a quanto prestato, la parte di una vendita di un immobile, venduto a un prezzo totalmente fuori mercato. L’operazione ha portato anche al sequestro preventivo di quattro villette situate sul lungomare di Cutro, di proprietà di un esponente di spicco di una cosca rinchiuso in carcere, utilizzando proventi illeciti derivanti dalla produzione di false fatture per operazioni inesistenti, con l’obiettivo di ostacolare le indagini a carico di quest’ultimo e occultarne la provenienza delittuosa.