“Quando potremo avere i risarcimenti per i sovrapprezzi che le case costruttrici di camion ci hanno fatto pagare per anni prima di essere “smascherate”? A rivolgere la domanda, ai rappresentanti della propria federazione, la Fai di Bergamo, è stato, nei giorni scorsi, un associato, ma ad attendere una risposta sono migliaia di autotrasportatori italiani che, come lui, hanno aderito alla classa action internazionale, promossa in Italia dalle principali associazioni di categoria come Anita, Assotir, Confartigianato Trasporti, Fai, Fiap, Unitai e Sna Casa Artigiani, contro un “cartello” di aziende costruttrici i cui responsabili per 14 anni, dal 1997 al 2011, si sarebbero incontrati e accordati su aumenti dei prezzi e tempistica per l’introduzione di tecnologie anti-inquinamento. Un’azione legale collettiva, affidata all’olandese Truck Cartel Compensation Foundation, alla quale nella sola provincia di Bergamo hanno aderito 84 aziende associate alla Federazione autotrasportatori italiani,con richieste di risarcimenti per quasi duemila mezzi pesanti. Numeri che, da soli, bastano a fornire un’idea della portata dell’azione collettiva intentata contro praticamente tutti i principali produttori europei di autocarri accusati di aver partecipato al “cartello” per la fissazione dei prezzi,concordando ritardi nell’introduzione di nuove tecnologie di emissione. Un accordo che sarebbe stato “costruito” secondo le accuse durante gli incontri tra dirigenti senior in occasione di fiere commerciali o altri eventi, con numerose informazioni scambiate via telefono ed e-mail, e che ha spinto i responsabili della Commissione europea a scrivere che non può essere assolutamente accettabile che le case costruttrici coinvolte “abbiano formato un cartello invece di competere l’uno con l’altro” e che per “14 anni abbiano colluso sui prezzi e trasferito ai clienti i costi per soddisfare gli standard ambientali”.Ma quando i trasportatori potranno (in caso di successo della causa collettiva) ottenere i risarcimenti, che la stessa Commissione (dopo aver diffuso nel settembre 2017 un comunicato stampa in cui si annunciava un record di sanzioni per un totale di 3,81 miliardi di euro per il cartello) ha invitato a richiedere? “L’azione legale per il recupero del sovrapprezzo dal cartello, finanziata da Omni Bridgeway e supportata dalle associazioni italiane degli autotrasportatori, è stata instaurata nell’estate del 2017 e pende ormai da oltre tre anni, con migliaia di imprese da tutta Europa che hanno gia’ aderito”,fa sapere l’avvocato Gian Marco Solas, legal counsel di Omni Bridgeway. “Il gruppo italiano, quello più consistente, sarà l’ultimo a essere inserito, verosimilmente entro l’estate 2021, ma le imprese italiane non devono sentirsi per questo in ritardo; anzi, stanno godendo e godranno dell’esperienza
maturata negli anni precedenti con le altre imprese.La Fondazione ha già respinto diverse eccezioni delle controparti, e tale scambio è stato utile per comprendere la qualità e la quantità di dati necessari per supportare le pretese risarcitorie. Da qui la ragione per richiedere sforzi significativi da parte delle imprese (e delle associazioni) per il recupero di dati e documenti da inserire in piattaforma. La nostra priorità non è mai stata quella di andar di fretta, ma invece di costruire un’iniziativa solida che resista possibilmente a tutte le eccezioni delle controparti; soprattutto, un’iniziativa che faccia addivenire a un risarcimento concreto per le imprese, facendo valere il sacrosanto diritto sancito dalla Commissione europea anche in termini monetari. In quanto investitori nell’azione, abbiamo tutto l’interesse a ottenere il più alto risarcimento nel minor tempo possibile: è questo che cercheremo di ottenere per le imprese italiane, soprattutto facendo leva su una mole unica di dati e di pretese, raccolti in maniera ordinata e controllata attraverso la piattaforma online e il supporto delle associazioni di categoria. Recenti accadimenti in altre giurisdizioni con simili iniziative rigettate da un tribunale tedesco (anche) per carenza di dati e documentazione, ci hanno ancor più convinto che il metodo rigoroso da noi adottato sia quello giusto”.
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