Strada Facendo

Fili di ferro tesi lungo i sentieri nei boschi per decapitare i motociclisti: l’incubo è tornato

In un vecchio film di Ettore Scola, “La più bella serata della mia vita” uno dei protagonisti, Alfredo si addormenta e fa un terribile incubo: viene decapitato dopo essere stato trascinato al patibolo da un’affascinante e misteriosa motociclista. L’incubo d’essere decapitati, in sella a una moto, mentre si sta compiendo un’escursione nei boschi, da un cavo di ferro teso ad altezza d’uomo, torna periodicamente invece a terrorizzare motociclisti assolutamente sveglissimi. Colpa di folli delinquenti che, spesso solo per “far passare la voglia” agli appassionati di rompere il silenzio della natura, preparano micidiali trappole. L’ultima, in ordine di tempo, è stata scoperta lungo un sentiero di Vendone, nella Valle Arroscia, poco lontano da Albenga, dove dei fili ferro tesi tra due alberi a un’altezza di circa un metro, trappole pericolosissime per gli appassionati di moto ma anche di mountain bike, sono stati scoperti da alcuni abitanti che dopo averli tagliati hanno dato l’allarme. Evitando così una possibile tragedia che, in passato, invece si è purtroppo consumata. Come nell’agosto 2011a Frosolone, in provincia d’Isernia, quando un ragazzo di 19 anni è morto ucciso da un cavo d’acciaio teso ad altezza uomo da ignoti. La vittima, Daniele Colantuono, che stava percorrendo un sentiero di montagna insieme a un gruppo di altri “enduristi” arrivati da varie parti della regione per un ritrovo, non aveva avuto scampo il cavo d’acciaio gli aveva reciso la gola uccidendolo all’istante.Un incidente in moto, aveva scritto un giornale. Un omicidio, avevano gradato in moltissimi. Volontario e premeditato. E un cavo d’acciaio era costato la vita, nel 2007, anche a un ingegnere modenese, Marco Badiali, 48 anni, padre di due figli piccoli, dissanguato da una profonda ferita alla gola che gli aveva procurato un filo spinato teso a un metro e mezzo da terra su un sentiero dell’Appennino che stava percorrendo, con amici, in sella alla sua moto da enduro, mentre era diretto una trattoria della zona; per offrire il pranzo agli amici. Proprio per festeggiare la moto nuova che aveva acquistato. Una fine terribile evitata per un soffio, nel febbraio di tre anni fa, da un appassionato di soli 16 anni di Costa Volpino, in provincia di Bergamo, ferito al torace e alle braccia da un cavo posizionato addirittura in un punto di un circuito usato dai piloti per allenarsi. Scene da brividi, come quella di un altro film,The Counselor, il procuratore, con la decapitazione di un motociclista lanciato a 330 km all’ora tra la statunitense El Paso e la messicana Ciudad Juarez. Difficile restare indifferenti di fronte a una scena simile, è scritto in una recensione. Impossibile restare indifferenti di fronte all’opera di assassini che nascondono trappole mortali sul percorso di persone che vogliono solo regalarsi una pausa di divertimento realizzando la loro passione, senza fare del male a nessuno.

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