Mauro Bernardi, 40 anni, bergamasco, sa meglio di chiunque altro quanta differenza ci passa tra il guardare il mondo dalla cabina di un Tir, con le tue gambe che lo fanno avanzare e arrestare, e una sedia a rotelle dove le tue gambe non comandano più nulla. Lo sa dalla maledetta mattina del 31 agosto 2005, giorno in cui mentre guidava il camion della ditta per cui lavorava, la Nicoli Trasporti di Albino, ha subito un incidente che gli ha cambiato la vita. Proprio a lui, che della prudenza al volante, della sicurezza aveva fatto l’obiettivo primario, perfettamente consapevole che un solo attimo di distrazione alla guida di un gigante come quello che portava in giro per mezza Europa, avrebbe potuto costare cara ad altri. Forse è proprio perché da 14 anni è costretto, ogni istante, a pensare a come può cambiare una vita, per un banale errore in manovra, per un’idiota accelerata, ha deciso di imboccare una nuova strada: quella che possa aiutare altri a non subire quanto è toccato a lui. Raccontando, facendo capire a chi ha la fortuna di possedere l’uso completo del proprio corpo, l’importanza di star bene fisicamente, conseguenza diretta del saper “star bene” al volante. E così, costretto a spegnere per sempre il motore di un Tir, sua passione fin da quanto era un bambino, ha messo in moto, usando come propellente i muscoli delle braccia, la sua sedia a rotelle e ha cominciato a raggiungere decine di scuole, di centri ricreativi: ogni luogo in cui ci fossero dei ragazzi che un giorno prenderanno la patente e si siederanno al volante, per mostrare loro come tutto possa cambiare in un istante. Una scelta che lo ha fatto sentire di nuovo utile, molto più di prima, perché se fare una consegna in tempo è importante, pensare di aver contribuito a far arrivare sane e salve a destinazione migliaia di persone, di aver salvato delle vite umane non ha prezzo. Una scelta che Mauro Bernardi, sposato con Claudia e papà di Pietro, ha deciso di raccontare a stradafacendo.tgcom24.it partendo proprio da quella maledetta mattina d’agosto, un anno e una manciata di mesi appena dopo aver pronunciato il fatidico sì davanti a Claudia, la donna della sua vita, dopo essere arrivati sul piazzale della chiesa a bordo di due trattori stradali… “Quella mattina mi ero messo in marcia prestissimo, alle 3.15, dal piazzale dell’azienda ad Albino con prima destinazione Lomagna, nel lecchese, per “agganciare” un semirimorchio centinato carico di tubi. Una volta agganciato il semirimorchio, collegato i tubi dell’aria e quelli della corrente, verificato l’integrità degli pneumatici e il funzionamento delle luci posteriori del semirimorchio, sono ripartito alla volta di Arquà Polesine, in provincia di Rovigo. Mi sono immesso sull’autostrada A4 ad Agrate quando, all’altezza dell’autogrill di Dalmine, verso le 4.30, in prima corsia, ho sentito un rumore “strano”. Ho pensato di aver forato uno pneumatico, ho verificato di non aver urtato niente e nessuno guardando lo specchietto retrovisore posto sul lato destro del trattore, e ho ripeto la medesima azione verificando quello di sinistra”. Frazioni di secondo prima della tragedia, prima di notare, subito dopo aver riportato l’attenzione sulla strada, che di fronte a lui c’era la sagoma di un altro Tir. “Quello di un “collega” che, alla guida del suo autoarticolato, si era immesso, senza aver acceso ne fari ne frecce, in prima corsia…. L’impatto è tremendo, io a poco meno di 90 chilometri l’ora, ho tamponato il rimorchio carico di bottiglie d’acqua da mezzo litro che procedeva a poco più di 10/15 km orari…”. Per le perizie la dinamica è semplice: veicolo A tampona veicolo B. Complicatissimo, invece, il quadro clinico che si trovano di fronte i medici in ospedale dove Mauro è arrivato dopo che i vigili del fuoco hanno lavorato per due ore per estrarlo da quel che restava del “suo” Stralis. Frattura scomposta esposta di tibia, perone e femore destro, frattura dello sterno, frattura midollare T4-T5, trauma cranico, si legge sul referto medico. L’inizio di un calvario: un intervento alla gamba e uno alla schiena nella quale vengono applicati dei fissatori; 22 giorni trascorsi in coma farmacologico, circa sei mesi tra degenza all’unità spinale di Mozzo e la riabilitazione, per poi tornare a casa a dover affrontare tutta un’altra vita. “Con una nuova condizione: una paraplegia incompleta. All’inizio è stato molto difficile ricalibrare la nuova vita: con mia moglie, negli affetti, nel lavoro, poi, come tutte le cose, si trova il modo per andare avanti. Col tempo sono riuscito a farmene una ragione, grazie alle persone che mi sono state vicine, e ho ricominciato a vivere con la convinzione che la vita è un dono meraviglioso”. Da preservare in ogni modo possibile. Magari aiutando gli altri a capire i pericoli, a prevenirli. “Oggi collaboro con l’Associazione Italiana familiari vittime della strada-Aifvs attraverso incontri per la prevenzione degli incidenti stradali negli istituti scolastici e d’estate nei Cre, i centri ricreativi estivi, degli oratori. Incontro in media 5000 studenti ogni anno”. Ragazzi ai quali raccontare cosa può accadere. Ma anche cosa fare nel caso dovesse di nuovo accadere. In altre parole come “ripartire”. Magari da un’attività sportiva… “Grazie alla Polisportiva disabili Valcamonica pratico diversi sport a livello amatoriale”, conclude Mauro Bernardi. “Da qui deriva una delle mie convinzioni più consolidate: lo sport è vita e per chi è disabile lo sport riabilita, reintegra e fa stare bene. In particolare la pratica dello sci alpino, nella quale si vive un senso di piena libertà e di totale autonomia in un ambiente considerato normalmente ostile per chi si muove in carrozzina”. È per questo che lui, che sognava di diventare maestro di sci, ha accettato di diventare anche il segretario e tesoriere di Enjoyski Sport Onlus, associazione che si occupa di divulgare, insieme alla cultura dello sport, quella della sicurezza. Sulle pista da sci come per strada…