Dai dati dell’Associazione, emerge che dopo il crollo verticale della produzione di conglomerato bituminoso registrato tra il 2006 e il 2016 e il leggero rimbalzo del 2017 (+2,1 per cento), nei primi cinque mesi del 2018 è tornato il buio e “i primi segnali sul periodo estivo, in cui per le condizioni climatiche solitamente si concentra il 60 per cento dei lavori, non sono affatto confortanti. Eppure”, spiega la Siteb in una nota, “proprio in questi mesi sarebbero dovuti partire i lavori, negli ultimi anni rinviati, soprattutto in diverse aree metropolitane del nostro Paese, in cui vere e proprie strade colabrodo mettono a rischio ogni giorno l’incolumità di automobilisti, motociclisti e, addirittura, pedoni”. La Siteb denuncia anche un’altra beffa per le imprese del settore, legata al costo del petrolio e al deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro. Fattori che hanno determinato “un brusco aumento del 20-25 per cento del prezzo del bitume che ha messo in crisi soprattutto le imprese che hanno vinto appalti di lavori stradali di durata pluriennale; negli appalti di opere pubbliche, infatti, la “revisione prezzi” è abrogata dal 1993 e nessun adeguamento viene riconosciuto anche a seguito dell’aumento del costo dei materiali da costruzione”.
“Sembra quasi”, evidenzia il presidente Siteb, Michele Turrini, “si sia diffuso ormai in molte amministrazioni quasi un senso di assuefazione e impotenza nei confronti di strade ammalorate e buche, con una doppia beffa per i cittadini: da una parte sono obbligati a convivere con una viabilità sempre più a bollino rosso e dall’altra, proprio a causa di questi pericoli, sono tenuti a percorrere arterie cittadine anche sotto i 30 km/h. L’empasse è totale. Se poi a questo si aggiunge l’improvviso aumento del prezzo del bitume che da solo rappresenta il 40 per cento del valore di un’opera stradale, si capisce come il Paese abbia perso una ennesima occasione per eseguire i lavori a prezzi più contenuti. È ora fondamentale che il nuovo Governo del cambiamento imprima un deciso cambio di marcia rispetto ai precedenti, puntando, per quel che concerne il trasporto su gomma, su una seria politica di manutenzione del patrimonio esistente di 600mila km di strade e, in particolare, di quelle comunali e provinciali che sono le più disastrate”. Secondo l’Associazione oggi “occorrerebbero oltre 42 miliardi di euro per rimettere in sesto le nostre strade, ripristinando, ove necessario, anche gli strati più profondi della sovrastruttura stradale. Un costo decisamente elevato, ma necessario per preservare il valore complessivo della nostra rete stimato in 5.000 miliardi di euro”.