“Il progetto”, spiega Uggè, “del Ponte venne indicato da Loyola de Palacyo, certamente una profonda conoscitrice dei temi della mobilità, che non aveva certo interessi in fenomeni malavitosi, bensì aveva il disegno di dotare l’Europa di corridoi e collegamenti plurimodali per rendere l’economia europea più competitiva. L’opera venne pertanto inserita come prioritaria nei dieci corridoi europei dei quali ben quattro riguardavano l’Italia, Ponte compreso”. Ieri il Movimento Cinque Stelle ha parlato di “messaggio alle mafie” e Liberi e Uguali di “opera inutile per il Paese, utile solo per gli affari delle clientele e delle mafie”. “Si può dire tutto di Berlusconi, non che sia stupido”, ha detto Alessandro Di Battista. “Se parla ancora di Ponte sullo stretto è per una ragione precisa. Lui sa che in Italia mancano le strade, sa perfettamente che non si può nemmeno raggiungere Matera, una delle più belle città al mondo, con il treno. Allora perché parla di Ponte sullo stretto? Semplice, lancia un messaggio alle mafie. Si rivolge a Cosa Nostra, quella stessa Cosa Nostra che per anni ha pagato grazie all’intermediazione di Dell’Utri”. Anche Liberi e Uguali è contraria al Ponte: “Tornano le elezioni e torna la passione della classe dirigente di questo Paese, da Berlusconi a Renzi, per il Ponte sullo Stretto. Vorrei ricordare a Berlusconi, l’ultimo in ordine di tempo che ha rispolverato il Ponte sullo Stretto”, ha detto Erasmo Palazzotto, candidato in Sicilia con LeU, “che quell’opera mai iniziata è già costata ai contribuenti italiani quasi un miliardo di euro. Il tutto senza nemmeno la posa di una pietra. Il Ponte è un’opera pubblica buona solo per le clientele e per gli affari delle mafie e assolutamente inutile per lo sviluppo del paese”.
“Solo i demagoghi e coloro che puntano alla decrescita felice o che stoltamente non credono all’integrazione delle diverse modalità, possono esprimersi come coloro che sono intervenuti sul rilancio della realizzazione del Ponte sullo Stretto”, ha spiegato Uggè. “Le risorse ‘sprecate’ sono il frutto delle penalità riconosciute per il mancato rispetto dei tempi rispetto agli impegni assunti con chi aveva vinto le gare di appalto. Il pressapochismo e la polemica politica non dovrebbero appartenere ai temi di politica dei trasporti che non è di destra né di sinistra ma un esigenza dell’economia di un Paese, soprattutto come il nostro”.