“Duemila anni fa Roma ha dimostrato che costruendo le strade si può costruire un impero, si può conquistare il mondo. L’ha fatto grazie all’intuizione di un uomo cieco: Appio Claudio, console, pretore e censore, soprannominato Caecus proprio perché aveva perduto la vista, l’uomo entrato nella storia per aver costruito la prima vera strada romana. Due millenni abbondanti più tardi Roma è diventata talmente cieca da non riuscire a vedere che senza un’adeguata rete di infrastrutture non solo non potrà conquistare nulla, ma vedrà inesorabilmente sgretolarsi quel che resta (ormai molto simile ad antiche rovine) del proprio potere economico”. Parola del quotidiano Libero che nelle pagine di economia dell’edizione di domenica 5 novembre ha pubblicato un durissimo attacco all’incapacità della nostra classe politica di comprendere il ruolo determinante delle infrastrutture per restare competitivi sui mercati. Una situazione denunciata grazie ai dati forniti in particolar modo dal presidente di Fai Conftrasporto e vicepresidente di Confcommercio Paolo Uggè che ha colto l’occasione per denunciare come il progetto della via della Seta rischi di trasformarsi drammaticamente da straordinaria opportunità in pericolo, da possibilità di crescere economicamente a pericolo di finire all’inferno economico. Spiegando in modo chiarissimo lo scenario (che solo la classe politica sembra non riuscire a vedere) e le possibili ricadute. “E’ inutile sostenere a suon di elogi un progetto come una grande opportunità per il nostro Paese e per l’Europa in generale, quando in pratica non si fa nulla per salire a bordo di questo progetto”, ha esordito Paolo Uggè. Perché senza infrastrutture adeguate al nostro Paese resterà solo un ruolo di insignificante pedina sullo scacchiere dell’economia, della finanza, della politica che verranno. Resteremo a guardare gli altri Paese crescere, mentre noi continueremo a essere sempre meno competitivi”. Ma da dove arrivano i principali pericoli? Innanzitutto dalla Grecia che, evidenzia il presidente di Conftrasporto, si sta sostituendo all’Italia come piattaforma logistica nel Mediterraneo. il tutto “Telecomandato da Cina e Germania, con un consorzio a controllo tedesco che ha recentemente acquisito il 67 per cento del porto di Salonicco dopo che nel 2016 il porto del Pireo era stato venduto al colosso cinese del trasporto marittimo Cosco, portando un attacco potenzialmente mortale all’Italia. Se l’Italia non si doterà di infrastrutture adeguate, in particolar modo per quanto concerne l’efficienza di porti e di vie di collegamento fra la retroportualità e autostrade e ferrovie, Cina e Germania dal Pireo attraverso i Balcani faranno arrivare le merci direttamente ai mercati del Nord Europa”, è l’amarissima conclusione di Paolo Uggé. “E questo significa che la grande intuizione del presidente Xi Jinping di aprire, attraverso sei corridoi, una nuova strada per far incontrare Oriente e Occidente, da straordinaria opportunità di crescita economica anche per l’Italia, quale avrebbe potuto essere si sta trasformando in una devastante boomerang. Per la furia cieca di chi vede le grandi opere con la lente dell’ideologia e ha rallentato e modificato diversi progetti destinati a mettere l’Italia in rete, a costruire i presupposti perché il nostro Paese potesse restare competitivo in futuro”. Il riferimento è alla “linea tracciata dall’allora Commissaria ai trasporti Ue, Loyola de Palacyo, e dal ministro italiano alle Infrastrutture e ai Trasporti Pietro Lunardi, che attraverso le grandi reti di comunicazione Ten avevano delineato il futuro sistema infrastrutturale europeo, indicando anche una short list con i dieci corridoi più urgenti, dei quali quattro interessavano l’Italia”. La strada era stata tracciata. Ma allora al Governo c’era qualcuno che sapeva vedere all’orizzonte, mentre oggi c sembra non si riesca a vedere al di là del proprio naso.