Strada Facendo

La mafia in Emilia-Romagna esiste, eccome. E viaggia anche sui camion

L’Emilia-Romagna non è terra di mafia ma la mafia c’è e rischia di colonizzare la regione. Si apre con queste parole il recentissimo Rapporto sulla mafia in Emilia-Romagna realizzato dalla Fondazione Antonino Caponnetto. Un rapporto che è un pesantissimo atto d’accusa secondo il quale ammonterebbe a circa 20 miliardi di euro il fatturato prodotto dai ben 49 clan che avrebbero messo radici nella regione finita nel mirino di 26 famiglie della ‘ndrangheta calabrese, di 13 legate alla camorra, di 7 di “cosa nostra”, di 3 alla sacra corona unita. Una mappa della criminalità organizzata “drammatica”, come ha detto Roberto Scalia, già membro della Dia e consigliere della fondazione intitolata all’ideatore del pool antimafia di Palermo, e che tocca diversi settori: dall’edilizia, ai pubblici esercizi fino all’autotrasporto. E proprio il nome di un noto imprenditore del settore autotrasporti, titolare di un’impresa proprietaria di oltre 30 mezzi iscritta alla Cna Fita di Reggio Emilia, figura in una “informativa  antimafia atipica” del ministero dell’Interno che getta nuove ombre sul possibile rapporto fra mafia e autotrasporto. Uno dei tanti episodi (come i nove attentati , i 221 danneggiamenti  seguiti da incendi dolosi, e altri episodi considerati dagli investigatori “reati spia” di possibili infiltrazioni mafiose sul territorio) che hanno spinto il presidente della Camera di commercio di Reggio Emilia, Enrico Bini, a lanciare l’invito a “non abbassare la guardia, perché i rischi di infiltrazione della criminalità organizzata aumentano decisamente in presenza di una crisi economica che rende tante aziende in difficoltà ancora più esposte rispetto a chi è pronto a creare, con minacce e ritorsioni, paure e fragilità, e a maggior ragione sa bene come sfruttarle anche quando si generano per altre ragioni”.

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