Ma chi aveva chiesto il parere della Corte? Un’associazione di consumatori belga si era rivolta al proprio tribunale competente, che poi ha chiesto un parere proprio alla Corte di Giustizia de L’Aia.
“Nelle conclusioni dichiarate, dunque, l’Avvocato Generale della Corte ha sottolineato – si legge sul portale allaguida.it – innanzitutto, la grande importanza nel trattamento di parità tra i sessi. Poi ha concluso, affermando che non è giuridicamente appropriato associare i rischi assicurativi al sesso di una persona, perché questo lede i diritti sanciti dalla Carta Costituzionale dell’Unione Europea, oltre che quella di altri Stati dell’Unione”.
“In Italia – aggiunge – per esempio, l’articolo 3 della Costituzione recita che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Perciò le differenze di sesso che portano al diverso trattamento degli assicurati non possono essere accettate. Inoltre, il sesso è una caratteristica al pari della razza o dell’origine etnica e, per questo, è connessa con la persona, sulla quale non si può affatto influire. L’Avvocatura Europea ritiene, in conclusione, che un simile comportamento delle compagnie assicuratrici sia incompatibile col principio di parità di trattamento tra uomini e donne. Ne dà notizia anche lo “Sportello dei Diritti” di Giovanni D’Agata, di Idv, in un comunicato stampa, dove si auspica l’introduzione di una norma che vieti un’eventualità del genere nei contratti assicurativi italiani”.