Lo sciopero è stato proclamato per protestare contro la politica di governo e imprese petrolifere, che, affermano i gestori, tendono a ridurre il numero di impianti serviti presenti sul territorio. L’accusa rivolta alle compagnie è quella di “abbandonare gli investimenti e smobilitare, nonché di scaricare duramente sull’anello finale della filiera tutte le contraddizioni del sistema”, sottolineano i sindacati di categoria Faib-Confesercenti, Figisc-Confcommercio e Fegica. Non solo, con la bozza di ddl presentata dal governo, spiega il presidente della Figisc, Luca Squeri, si punta a introdurre su larga scala i cosiddetti “impianti ghost”, fantasma, dotati solo di una pompa per la verde e una per il diesel, oggi presenti unicamente nelle zone disagiate del Paese. “Così si mira non a una rete europea”, afferma, “ma a una rete africana”. Il rischio, denunciano i sindacati, è che “25.000 gestori e 75.000 addetti agli impianti perdano diritti e lavoro”.
Lo sciopero durerà tre giorni, a meno che non si riesca a trovare un compromesso soddisfacente. Nell’attesa ad automobilisti e motociclisti converrà comunque fare il pieno, anche se, come dicevamo, sono scattati nuovi rincari che negli impianti della Shell hanno portato la verde a un massimo di 1,399 euro e il gasolio a 1,274. Aumenti che fanno insospettire le associazioni dei consumatori: lo sciopero, osservano polemicamente Adusbef e Federconsumatori, “non solo comporterà gravi disservizi per i cittadini, ma determinerà anche ricadute speculative, come sempre accade, in vista della chiusura degli impianti”.