Strada Facendo

Autotrasporto, numeri e fatti dicono che Confindustria sbaglia

Si sono sbizzarriti in tanti, in modo particolare quelli del giornale di Confindustria, a commentare la decisione del governo di trasferire in un provvedimento d’urgenza i contenuti di un accordo che ha visto la sola Confindustria rifiutarlo in tutte le sue parti. Cosi non è stato per le confederazioni che compongono Rete Imprese Italia, per il movimento cooperativo. Realtà che rappresentano sei – sette milioni di imprese committenti alle quali vanno ad aggiungersi le 117mila su 118mila imprese di trasporto, ivi compresa la federazione aderente alla stessa Confindustria. Si vorrà scusare il ricorso ai numeri, ma si rende indispensabile per dimostrare due concetti fondamentali: la maggior parte delle federazioni che rappresentano la committenza e la quasi totalità di quelle del trasporto hanno condiviso un accordo e la sua trasformazione in un provvedimento di legge. Anche i più’ strenui avversari riusciranno a comprendere che parlare di ricatto è assolutamente ridicolo. Il secondo concetto è che nessuna tariffa obbligatoria minima è stata reintrodotta; caso mai le parti, delle quali fa parte anche Confindustria, dovranno indicare quelli che sono i costi minimi, incomprimibili, che sono presenti in ogni attivita’ di vezione. Solo se le parti non li individueranno, provvederà il ministero,  come del resto già avviene  oggi, (chissà se i tanti illustri commentatori di questi giorni ne sono a conoscenza?) in applicazione di una legge dello Stato, derivante anch’essa da un accordo, sottoscritto dalla stessa Confindustria. Ho deciso di intervenire nel dibattito dopo aver letto l’intervista apparsa sul Sole 24Ore ore di domenica 18 dell’ottimo professor Boetani. Lo faccio nella mia passata veste di sottosegretario di Stato che fece quella riforma di liberalizzazione regolata che era parte del “Patto della logistica” alla stesura del quale il professor Boetani partecipo’. Forse il troppo tempo trascorso ha contribuito a far dimenticare a tanti che la legge n. 32/05 che porto’ alla liberalizzazione regolata e i decreti legislativi successivi prevedevano la stessa evoluzione che oggi è alla base del nuovo accordo che ha dato origine al decreto legge tanto criticato. Non voglio pensare che tutti coloro che parteciparono con me allora non compresero quale fosse l’evoluzione delle norme introdotte dalla legge n. 32/05. Devo aggiungere che la fine della legislatura e il nuovo governo Prodi abbandonarono quella riforma, fondata sul confronto delle parti al fine di garantire il rispetto delle norme sulla sicurezza sociale e della circolazione, e si provo’ addirittura a introdurre una tariffa minima antidumping. In questo andando ben  oltre a quanto invece previsto con la legge n.32/05. Nessuna tariffa minima, nessun ricatto ma solo, dunque, il completamento di una riforma condivisa fatta per garantire i cittadini e consumatori che le operazioni di trasporto potessero realizzarsi nel rispetto delle regole. A meno che la presidente di Confindustria ritenga che imporre a un vettore un corrispettivo di 46 euro per un trasporto con un mezzo pesante da Torino ad Asti sia in grado di coprire i costi minimi di un trasporto evitando azioni di autosfruttamento e quindi non siano da evitare, ritengo che quanto attuato dal governo in carica sia doveroso. Per inciso la dichiarazione di fermo e’ stata ininfluente, in quanto il ministro Matteoli aveva garantito  contemporaneamente l’emanazione di un decreto legge per rispettare gli impegni assunti. Le ricostruzioni fantasiose escono smentite da queste mie poche osservazioni che mi sono sentito in dovere di fare, anche per non veder sminuito quanto avviato negli anni passati.

Paolo Ugge’ (gia’ sottosegretario di Stato e vice presidente Confcommercio)

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