Quella dell’Alfa Romeo è una storia che merita di essere raccontata. Come fa in un servizio l’Agenzia Ansa: “L’Alfa, acronimo di Anonima Lombarda Fabbrica Automobili, avviò i primi passi a Milano il 24 giugno 1910. Il cognome dell’ingegner Nicola Romeo, nuovo proprietario dell’azienda, venne aggiunto cinque anni dopo. E ciò coincise con la prima conversione dell’azienda a produzioni belliche. Negli Anni 20 l’ingegner Romeo uscì dalla compagine societaria e dopo varie vicissitudini il marchio nel ’33 divenne statale con il passaggio all’Iri. Nel dopoguerra arriva il momento di massimo splendore per l’Alfa, con modelli che sono divenuti veri miti nella storia stessa dell’automobile e grandi risultati anche nelle competizioni. Nel 1972 l’inaugurazione dello stabilimento di Pomigliano d’Arco e l’avvio della controversa operazione Alfasud. Nel 1983 viene avviata una joint venture con Nissan, che porta alla nascita di un modello – l’Arna – che segna l’inizio di una parabola discendente.
Nell’86 l’Iri cede la proprietà dell’Alfa Romeo al gruppo Fiat, avviando così la fase ‘moderna’ della storia di questo marchio. La tecnologia e lo sport, forse più delle vicende commerciali, ha fatto grande in questi cento anni il marchio del Biscione: i bolidi Alfa Romeo hanno vissuto momenti esaltanti sulle piste di tutto il mondo, cogliendo trionfi indimenticabili e alimentando il mito. Come quando Henry Ford, al passaggio dell’Alfa Romeo 8c Monza nel 1933, disse: “Signori giù il cappello”. O come nel Gran Premio di Germania del 1935 dove Tazio Nuvolari con Alfa Romeo P3 vinse la corsa dopo una furibonda rimonta per via di un ritardo nelle operazioni di rifornimento a dispetto dello squadrone tedesco formato da Mercedes e Auto Union per cui tifavano i massimi gerarchi nazisti.
Ma se dici Alfa Romeo non puoi non dire Giulietta, la fidanzata d’Italia, declinata come spider, come coupé e come berlina, sogno segreto di tanti appassionati. Negli ultimi anni Alfa Romeo ha vissuto momenti complessi ma ha comunque proposto modelli di razza, ultimo dei quali la nuova Giulietta con cui si punta all’espansione del marchio, compreso quel ritorno negli Usa ormai tappa consolidata del piano Marchionne per la nuova Chrysler Fiat. L’ingegner Orazio Satta Puliga, capo della progettazione, definì così le sue automobili nel 1974. Parole che erano valide cento anni fa e che probabilmente lo saranno anche per i prossimi cento. “L’Alfa Romeo non è una semplice fabbrica di automobili: le sue auto sono qualche cosa di più che automobili costruite in maniera convenzionale. Ci sono molte marche di automobili, e tra esse l’Alfa occupa un posto a parte. È una specie di malattia, l’entusiasmo per un mezzo di trasporto. È un modo di vivere, un modo tutto particolare di concepire un veicolo a motore”.