E’ un quadro decisamente allarmante per la categoria degli autotrasportatori italiani quello tracciato dal Giornale diretto da Vittorio Feltri nell’edizione di martedì 5 gennaio. Nell’articolo, di cui riportiamo ampi stralci, si parla infatti dell’esame di ammissione all’Albo degli autotrasportatori (condizione sine qua non un camionista non può effettuare un trasporto di merci) e si afferma che solamente 2 camionisti su 10 riescono a passare lo scoglio dell’esame. “Domande di diritto commerciale, quiz di analisi finanziaria, con tanto di tranello. Ed ecco che all’esame degli autotrasportatori i camionisti arrancano, cascano nelle trappole dei questionari a crocette e vengono bocciati”, scrive nel suo articolo Maria Sorbi. “In media l’80 per cento degli iscritti non supera il test. Una strage. All’ultima prova scritta, su 104 partecipanti, sono passati solo in sette. Tutti gli altri sono stati esclusi dall’Albo degli autotrasportatori e risultano non idonei a trasportare merci. Anche se guidano da vent’anni”, si legge sempre sul “Il Giornale”, “l’esame di idoneità della motorizzazione civile non perdona. Chiede una preparazione capillare su varie materie e punta ad aumentare il più possibile la sicurezza per le strade. Ma i camionisti protestano: va bene la guida sicura, ma mica dobbiamo diventare commercialisti”. ”Chi non passa l’esame è fuori gioco”, scrive sempre Maria Sorbi, “non può più guidare il camion e, per continuare a lavorare, si deve rivolgere alle cooperative. Ovviamente pagato meno. E con la certezza quasi matematica che, nel giro di un paio di anni, la cooperativa chiuderà”. “Ogni volta che arriva qualche controllo, spiega infatti un autotrasportatore, le cooperative risultano non in regola, chiudono e riaprono con un nuovo nome. Non c’è continuità nel lavoro. In tanti ripiegano su trasporti in nero, senza fattura né niente pur di portare a casa qualche euro in più. Chi è proprietario del camioncino e trasporta merce propria, deve pagare qualcun altro per continuare a lavorare”. E per fotografare nei dettagli la situazione viene fatto un esempio: quello di Francesco, 52 anni, moglie, due figli e un mutuo da pagare. Mastica 200mila chilometri all’anno, sosterrà l’esame tra una decina di giorni ed è alle prese con volumi di oltre 400 pagine. “Sto studiando come funziona una srl, cos’è una società per azioni, come funzionano le detrazioni fiscali”, ha spiegato l’autotrasportatore alla giornalista del quotidiano diretto da Vittorio Feltri, “Ma per legge noi camionisti siamo obbligati ad avere un commercialista e si occupa lui di tutte queste cose. Perché devo impararle io? Così rischio solo di perdere il lavoro”. Quindi l’amara considerazione: l’esame di idoneità si è trasformato in una sorta di “fabbrica dei disoccupati” “E questo”, conclude l’articolista, “proprio in piena crisi non ci vuole”. Come conferma il caso di Vito, autotrasportatore che studia da autodidatta perché non ha tempo: “Non riesco a seguire tutte le lezioni. Per farlo dovrei rinunciare a qualche trasporto in giro per l’Europa e rifiutare un lavoro di questi tempi sarebbe da pazzi”. Ultima (non per importanza) considerazione: per sostenere l’esame di idoneità, ogni camionista paga circa 1.200 euro. “Oltre al danno la beffa”, commentano in tanti, “Paghiamo una cifra molto alta per un esame che, con tutta probabilità, ci toglie il lavoro. Chi guida da tanti anni e lo fa con passione sa già tutto quello che deve sapere. Passiamo tutto il giorno per strada, non riusciamo a studiare tutta quella roba”.